“Atlante dell’infanzia”: minori fuori dalla scuola e 3,5 mln di debito a testa. Un incubo per il futuro

Bambini sempre più fragili e poveri di futuro, esposti a sfide sempre più difficili, e neonati già con un’ipoteca di 3.500.000 euro di debito pubblico a testa che è il più alto d’Europa: il terzo ”Atlante dell’Infanzia” di Save the Children non lascia spazio a congetture né all’ottimismo, mentre in Parlamento si gongola sulla legge elettorale e i tagli alla casta vengono presi sottogamba.
E non solo ma i bambini sono destinati ad essere sempre meno nel prossimo futuro, 15 ogni 100 nel 2030, con un decremento di -1,5% rispetto ad oggi, e con sempre meno peso politico e con aiuti di poche decine di euro.
La spesa pro-capite dei comuni in servizi per l’infanzia e le famiglie in alcune regioni del Sud è diminuita di -25 euro annui, mentre i minori fuori della scuola sono -18 su 100 i dispersi e con punte di 25 su 100 in Sicilia e Sardegna il cui totale è pari al +15% rispetto all’obiettivo all’europeo. E ancora i bambini senza competenze e stimoli culturali sono 314.000 e abitano soprattutto ad Sud. Come se tuttavia questi dati tanto drammatici non fossero già di per sé scandalosamente terribili, bisogna aggiungere che almeno 700.000 minori, 15 ogni 100, vivono in territori avvelenati dalle mafie e da industrie inquinanti, circondati dalla cementificazione che procede con il ritmo serrato di 10 metri quadrati al secondo.
Ma non si esaurisce solo coi bambini l’impietosa analisi di Save the Children e dell’Istat. I giovani senza lavoro sono ormai 1 su 3 con un incremento del +21% di disoccupati fra i laureati, mentre gli ”scoraggiati” sono il 34% di essi pari cioè a oltre 4 volte la media Ue che è del 7,8%.
”La terza edizione dell’Atlante dell’infanzia (a rischio) di Save the Children fornisce un quadro molto preoccupante ”, spiega Valerio Neri, Direttore Generale Save the Children Italia. ”Possiamo leggere la stragrande maggioranza di queste mappe con il sottotitolo: ”indice del consumo di futuro dei bambini e dei giovani italiani”, un indice che corre parallelo alla crisi economica, al debito pubblico, alla scarsità di asili nido, alla miseria della spesa sociale per l’infanzia in alcune aree del paese, alla mancanza di una politica per l’infanzia nazionale e organica, alla pochezza del sostegno pubblico alle famiglie giovani.
Ma l’Atlante di Save the Children mostra anche un’altra cosa.
Consumando l’idea di futuro dei bambini e dei giovani, le loro aspettative, i loro desideri e i loro sogni, stiamo segando il ramo dell’albero su cui siamo seduti”.
Inizia prestissimo l’erosione dell”’indice di futuro”: insieme alla loro cameretta i 560.000 neo-nati quest’anno si ritrovano in eredità un’ipoteca di 3.500.000 euro di debito pubblico a testa che è il più alto d’Europa.
A questi numeri bisogna poi sommare la povertà che cresce anzichè arretrare fra la popolazione under 18: 7 minori ogni 100 in Italia, pari a 720.000, vivono in povertà assoluta, cioè privi di beni e servizi che assicurino loro un livello di vita accettabile.
417.000 nel solo Sud, con un aumento rispetto al 2010 di 75.000 piccoli grandi poveri, l’equivalente dell’intera popolazione infantile di Taranto e Messina.
D’altra parte quanto possono 25 euro pro-capite all’anno in servizi per l’infanzia e famiglie?
A tanto ammonta la spesa pro-capite da parte dei comuni per famiglie e minori in regioni come la Calabria, oltre 8 volte in meno rispetto all’ Emilia Romagna (282 euro annui).
Con uno sbilanciamento nell’offerta di servizi cruciali come gli asili-nido: in Calabria, Campania, Puglia, Sicilia e Molise è compreso fra 2 e 5,5 il numero di bambini (ogni 100 da 0 a 2 anni) in carico agli asili nido pubblici o ad altri servizi integrativi, a fronte dei 27-29 in Valle d’Aosta, Umbria, Emilia Romagna.
E dai pochi asili a poca scuola.
E’ in crescita l’area della disaffezione allo studio, anche fra ragazzi senza particolari carenze affettive, relazionali o economiche: sono quasi 800 mila i giovani tra 18-24 anni dispersi, che cioè hanno interrotto gli studi fermandosi alla terza media e non iscrivendosi neanche a corsi di formazione. In Sicilia e in Sardegna la dispersione scolastica è 15 punti rispetto all’obiettivo europeo con 25 giovani fra 18 e 24 anni fermi alla terza media.
E di fronte a questi dati, che sono più che allarmanti, chi dà risposte? Chi se ne assume le responsabilità morali?

Pasquale Almirante

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