Oggi, 3 settembre, è il 42esimo anniversario dell’assassinio di stampo mafioso dell’allora prefetto di Palermo, il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, della moglie Emanuela Setti Carraro, e dell’agente Domenico Russo. L’agenzia Ansa lo ha ricordato con un aneddoto che ha a che fare con la scuola.
Tre mesi prima del brutale attentato, il 3 giugno 1982, infatti, il generale Dalla Chiesa si recò a sorpresa in un liceo di Palermo per parlare di legalità e antimafia con gli studenti. Lui presentò senza scorta davanti all’istituto. Nessuno era stato avvisato del suo arrivo, tranne la presidenza che fece subito radunare gli studenti nella palestra della scuola per un incontro improvvisato.
Un botta e risposta tra gli studenti del liceo classico che si trasformò in una sorta di “lezione” sulla mafia. Nessun rappresentante delle istituzioni, fino a quel giorno, aveva parlato di legalità e lotta alla mafia nelle scuole.
“Non c’è bisogno di qualcuno in cui credere, ma di qualcosa in cui credere. sono con voi e tra voi perché credo – senza ombra di retorica – nella vostra gioventù”, esordì Dalla Chiesa rivolgendosi agli studenti. “Io credo ancora che esistano valori, soprattutto perché noi siamo uomini e non numeri”.
Rispondendo alle domande degli studenti, anche quelle più scomode, Dalla Chiesa non si sottrasse: “La mafia – spiegò – si attacca come una ventosa dove c’è il potere, quindi anche alla politica. La mafia è un modo di essere, un modo di pensare che travolge chiunque; noi dobbiamo combatterla anche contrastando il metodo della clientela, la pratica della raccomandazione”.
“Generale, cosa è venuto fare a Palermo? Pensa davvero di riuscire a sconfiggere la mafia?”, chiese uno studente prima della conclusione dell’incontro. “Io sono come una fiammella che lo Stato ha voluto accendere in questa capitale bellissima che è Palermo”, rispose Dalla Chiesa. Solo tre mesi esatti dopo, purtroppo, dei colpi di kalashnikov lo portarono via.
“Quarantadue anni fa l’aggressione mafiosa interrompeva tragicamente il percorso umano e professionale di Carlo Alberto Dalla Chiesa. Quel barbaro agguato contro un esemplare servitore della Repubblica rappresentò una delle pagine più funeste dell’attacco della criminalità organizzata alla convivenza civile. Il vile attentato non riuscì, tuttavia, ad attenuare l’impegno per quei valori di legalità e giustizia propri alla nostra democrazia, per la cui affermazione, nei diversi ruoli ricoperti nell’Arma dei Carabinieri e da ultimo come Prefetto di Palermo, il Generale Dalla Chiesa aveva combattuto”, ha affermato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
“A distanza di anni la memoria di quanti, come lui, si sono opposti al terrorismo e alla prepotenza mafiosa, continua a interpellare coloro che rivestono pubbliche responsabilità, la società civile, le giovani generazioni, ciascun cittadino. La sua figura, il suo lascito ideale vivono oggi nell’operato di chi si impegna in prima persona contro la mafia e il terrorismo – ha sottolineato il capo dello Stato – e indica all’intera comunità nazionale la via del coraggio e della responsabilità. Ogni giorno, nei diversi contesti, donne e uomini della Magistratura, delle Forze dell’ordine, della Pubblica amministrazione, del mondo dell’impresa e del lavoro, contribuiscono, con il loro apporto, a tenere alta la guardia, a contrastare e denunciare prevaricazione e violenza, a riconoscere e sventare modalità nuove e insidiose di infiltrazione criminale”.
“Il coinvolgimento della scuola, degli altri ambiti educativi, dei mezzi di comunicazione, è essenziale affinché sempre più si affermi una cultura diffusa della legalità, che rigetti ogni forma di compromesso con la mentalità mafiosa, rafforzando democrazia, sviluppo, coesione sociale. Con questi sentimenti, rivolgo un commosso pensiero alle famiglie Dalla Chiesa, Setti Carraro e Russo, esprimendo i sentimenti di solidarietà e di vicinanza della Repubblica”, ha affermato ancora Mattarella.
“Nell’anniversario della strage di Via Carini, ricordiamo con commozione il Generale Carlo Alberto dalla Chiesa, sua moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente Domenico Russo. Il loro sacrificio ci ricorda l’importanza di non abbassare mai la guardia nella lotta contro la criminalità organizzata e di difendere con fermezza i valori di legalità e giustizia”, ha scritto sui social la presidente del Consiglio Giorgia Meloni. “Il coraggio e la dedizione del Generale dalla Chiesa, che ha combattuto senza sosta contro il terrorismo e la mafia, sono per noi un esempio e una guida – ha aggiunto . È nostro dovere onorare la sua memoria continuando con determinazione il suo impegno. L’Italia non dimentica”.
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