Categorie: Attualità

Attentato di Parigi: ecco come ne parlano i ragazzi

Due giorni di osservazione, ascolto dei dialoghi tra docenti e alunni possono bastare a farsi un’idea di ciò che è successo a Parigi? Sì, possono bastare, scrive Vita.it, che riporta il racconto di due giorni passati tra gli studenti, con i professori ad accompagnarli nella difficile presa in carico degli avvenimenti traumatici di qualche giorno prima. Ne esce una sorprendente voglia di conoscere e affrontare temi tabù – a volte con più lucidità degli adulti – da parte di una generazione smartphone per nulla anestetizzata, sgomenti ma pronti a reagire, e molto meno sprovveduti del previsto.

Sì, perché i ragazzi non fanno sconti: “Bombardiamoli tutti”. “Prima li facciamo arrivare, poi ci ammazzano”. “Tutta colpa dei musulmani”. Queste frasi le senti. Ma sono poche, pochissime di fronte a una stragrande maggioranza di studenti che prima di rilanciare invettive o superficialità tipiche dei politici d’assalto a caccia di voti e popolarità, vuole ascoltare, e capire.

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“Ora dobbiamo difenderci. Ma andare a bombardare in Siria è la cosa più giusta?”, è la domanda più gettonata. “Tocca a Roma la prossima volta? Arriveranno da noi per il Giubileo? A Expo non ce l’hanno fatta, ma ora?”.

C’è da dispensare tranquillità a queste menti in piena adolescenza spesso apparentemente svogliate per gran parte della mattinata ma con il corpo proteso in avanti quando c’è da capire “quanto sono pazzi, o lucidi pazzi, questi di Isis”.

La frase di un ragazzo che fa di tutto per essere uno degli ultimi della classe risuona: “queste cose mi interessano un botto, non sono mai stato così attento”.

 “Ieri ho visto l’intervista a un musulmano che diceva che hanno fatto bene perché noi li trattiamo male”. Ma dopo di lui hanno fatto vedere anche quanti musulmani hanno espresso solidarietà e sono scesi in piazza a dire che Isis usa la religione per scopi di potere? “Mi sembra di sì”. L’informazione ha una responsabilità enorme verso le nuove generazioni, in particolare su questo tema. “Ho dovuto spegnere la televisione nel fine settimana, alcuni programmi sembravano mettere volutamente contro persone di religione diversa, è inammissibile”, sottolinea un professore.

Nel frattempo, l’argomento di discussione si sposta sugli autori del massacro: “Dobbiamo conoscerci di più, fare in modo che se uno ha problemi gli altri se ne accorgano”, aggiunge una alunna. “Smettiamola di prenderci in giro per i luoghi da cui proveniamo”, è l’eco che risuona in un’incredibile classe composta da sette nazionalità di quattro continenti diversi, “noi stessi siamo il mondo”.

“Le bombe possono aiutare a sconfiggere i terroristi? Può darsi, ma morirà tanta gente innocente”, interviene una ragazza dalla voce tanto tenue quanto decisa. “E la violenza richiama altra violenza. Possibile che non ci sia una soluzione diversa?”. Possibile? Ai capi di Governo, alle diplomazie, ma anche ai signori del petrolio e delle armi il compito di fermare la barbarie. “Sì, ma facciano presto”.

Pasquale Almirante

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