Si fanno sempre più preoccupante le notizie sull’utilizzo distorto dei telefoni cellulari: l’ultimo caso, che dovrebbe far riflettere non poco le agenzie educative principali, ad iniziare da famiglie e scuola, giunge delle pagine del noto quotidiano spagnolo “el Mundo”: il 15 giugno un articolo riporta che due bambini spagnoli di 12 e 13 anni sono stati ricoverati in un centro specializzato a Lleida, vicino a Barcellona, per disintossicarsi da quella che è stata definita una “dipendenza da telefonino”.
“Sono arrivati per la loro dipendenza a ‘Messenger’, ma abbiamo notato che avevano una dipendenza da telefonino“, ha dichiarato Maite Utges, direttrice del centro di psichiatria infantile a Lleida. Evidentemente i due ragazzi avevano anche libero accesso ad Internet, visto che operavano con il sistema di invio di messaggi rapidi più famoso della rete. Al punto che le loro giornate erano ormai scandite dai ritmi senza tempo della comunicazione virtuale: a casa utilizzavano cellulare ed internet in continuazione e senza essere controllati dai genitori. “Così a scuola andavano malissimo”, ha spiegato la responsabile del centro di igiene mentale infantile della città.
”Per guarire occorreranno almeno due anni – ha spiegato il direttore medico – perché non è facile disfarsi di una simile abitudine dopo che i bambini trascorrevano cinque, sei ore ogni giorno assieme al telefonino”.
Il centro di Lleida si è ormai specializzato nella cura di bambini e adolescenti che mostrano “internet-dipendenza”, precisa “el Mundo”. Attualmente ve ne sarebbero ricoverati almeno 20. E a confermare la gravità delle conseguenze della cattiva gestione delle nuove tecnologie on line è stata anche l’Agenzia anti-droga spagnola, secondo cui circa il 10% degli adolescenti a Madrid soffrirebbe di dipendenza da cellulare o internet. I giovani spagnoli ricevono un telefonino tra i 12 e i 14 anni, ma gli esperti raccomandano di non comprarglielo prima dei 16.
“Sono arrivati per la loro dipendenza a ‘Messenger’, ma abbiamo notato che avevano una dipendenza da telefonino“, ha dichiarato Maite Utges, direttrice del centro di psichiatria infantile a Lleida. Evidentemente i due ragazzi avevano anche libero accesso ad Internet, visto che operavano con il sistema di invio di messaggi rapidi più famoso della rete. Al punto che le loro giornate erano ormai scandite dai ritmi senza tempo della comunicazione virtuale: a casa utilizzavano cellulare ed internet in continuazione e senza essere controllati dai genitori. “Così a scuola andavano malissimo”, ha spiegato la responsabile del centro di igiene mentale infantile della città.
”Per guarire occorreranno almeno due anni – ha spiegato il direttore medico – perché non è facile disfarsi di una simile abitudine dopo che i bambini trascorrevano cinque, sei ore ogni giorno assieme al telefonino”.
Il centro di Lleida si è ormai specializzato nella cura di bambini e adolescenti che mostrano “internet-dipendenza”, precisa “el Mundo”. Attualmente ve ne sarebbero ricoverati almeno 20. E a confermare la gravità delle conseguenze della cattiva gestione delle nuove tecnologie on line è stata anche l’Agenzia anti-droga spagnola, secondo cui circa il 10% degli adolescenti a Madrid soffrirebbe di dipendenza da cellulare o internet. I giovani spagnoli ricevono un telefonino tra i 12 e i 14 anni, ma gli esperti raccomandano di non comprarglielo prima dei 16.
Anche in Italia i rischi derivanti dall’abuso dei cellulari tra i ragazzi comincia a preoccupare: da una recente indagine di Adiconsum Lombardia, su mille studenti di terza media e prima e seconda superiore, il 98,5% possiede il telefonino e il 14,5% addirittura due o più di due. Ma non c’è da sorprendersi se in ogni famiglia ve ne sono tra i 4 e i 5.
Anche in Italia entrano negli zaini in prevalenza attorno all’età di 10 anni. E pure da noi il loro uso inizia a far discutere. Se nei locali scolastici vengono infatti svolte in media tre telefonate al giorno (a dispetto di circolari ministeriali che ne aboliscono l’uso), il boom è quando si parla di sms: se ne inviano anche 40-50 al giorno. Per non parlare delle riprese e delle foto scattate a scuola: il 10% ammette di averlo fatto e poi divulgato le immagini.