Prove generali di ripartenza domani 19 aprile in molte Regioni con tantissimi studenti che potranno ritornare nelle loro scuole con un obiettivo coraggioso e calcolato di permettere a tutti, dal 26 aprile, di poter riprendere le attività formative in presenza almeno per un mese prima della conclusione dell’anno scolastico.
È da apprezzare e incoraggiare, anche da parte degli operatori scolatici tutti, questa scommessa del Ministero per il beneficio, sotto l’aspetto psicologico e formativo, in quanto permetterebbe di ristabilire quei contatti di comunità che sono tanto mancati agli studenti e della cui importanza, per una crescita significativa, ci siamo accorti proprio in questo periodo di distanza fisica a cui siamo stati costretti per quattordici lunghi mesi.
Ancora più innovativa e da valutare positivamente è la proposta del Ministero di far vivere agli studenti un’estate socializzante che permetta loro di approfondire tematiche, di intessere relazioni, di riflettere sull’esperienza provocata da un lockdown così prolungato, imprevisto e inimmaginabile.
Per questa iniziativa sono stati stanziati 150 milioni ma ancora più interessante è la decisione di coinvolgere in questo progetto di riorientamento i Comuni, le Province e le Regioni e c’è da augurarsi anche le scuole, non solo come esecutrici di decisioni e direttive, ma come protagoniste per definire un ampliamento dell’offerta formativa anche assegnando loro la possibilità di reclutare per queste esperienze formative il personale più motivato sia interno al collegio, sia esterno.
Sarebbe opportuno cogliere questa occasione per sperimentare nuove forme di reclutamento dal basso per rompere il circolo vizioso dei concorsi farciti di ricorsi e di lungaggini che arrivano sino alla Cassazione o alla Corte Costituzionale.
È opportuno ricordare che già in altre occasioni, come la strutturazione delle “sezioni primavera”, previste dalla legge 296 del 2006, è stata data questa opportunità di selezionare le figure professionali direttamente alle scuole e si son potute realizzare ottime esperienze sulle quali le “cabine di regia regionali” dovrebbero fare un monitoraggio e raccontare queste esperienze come “best practices”.
Inoltre il coinvolgimento degli Enti Locali può tornare utile per creare quel “capitale sociale” necessario alla creazione di una scuola di qualità cui tendere dopo la pandemia.
Le indagini internazionali e i dati Invalsi stanno tutti lì a dimostrare che i risultati migliori nelle performance degli apprendimenti vengono raggiunti nelle parti d’Italia dove si riesce a creare questa sinergia tra stakeholders, genitori, imprese ed Enti Locali.
Per questo motivo nel Decreto Sostegni si è pensato da parte del Ministro di attivare interventi di potenziamento attraverso centri estivi diurni, servizi socio-educativi territoriali, centri con funzione educativa e ricreativa per potenziare l’offerta formativa extracurriculare, il recupero delle competenze di base, il consolidamento delle discipline, la promozione di attività per il recupero della “socialità” degli studenti, realizzando un grande piano nazionale contro povertà e fragilità educative e la conseguente dispersione scolastica.
Come tutte le proposte innovative di questi ultimi 20 anni hanno trovato una forte opposizione delle oligarchie che operano nel sistema scolastico e che vorrebbero spesso sostituirsi al Ministro.
Né la proposta di un’ESTATE DIVERSA deve essere letta artatamente come un voler gettare colpe al personale docente che ha saputo, invece, affrontare le novità dell’emergenza sanitaria con un piano di lavoro di didattica digitale integrata, di cui possono ritenersi orgogliosi.
I centri estivi rientrano nella migliore tradizione culturale dei percorsi formativi sperimentati da anni del nostro Paese e possono diventare un nuovo modo di vivere la socialità fuori dalle “mura scolastiche”, per riportarla a settembre anche all’interno delle aule scolastiche.
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