Quanto è tenuto lavorare il docente? Oltre alle analisi fornite dal rapporto Ocse di cui abbiamo recentemente discusso e che segnalano una grande distanza tra gli impegni del dirigente scolastico (che ammontano a 1600 ore annue di lavoro) e quelli del docente (tra le 600 e le 900 ore annue di lavoro in base al grado di scuola), occorre fare riferimento a ulteriori dati e considerazioni, per ragionare sulla complessità della situazione scolastica.
Secondo il contratto (CCNL 2007, art. 29) “l’attività funzionale all’insegnamento è costituita da ogni impegno inerente alla funzione docente previsto dai diversi ordinamenti scolastici. Essa comprende tutte le attività, anche a carattere collegiale, di programmazione, progettazione, ricerca, valutazione, documentazione, aggiornamento e formazione, compresa la preparazione dei lavori degli organi collegiali, la partecipazione alle riunioni e l’attuazione delle delibere adottate dai predetti organi”.
Quante sono le ore remunerate? Le ore remunerate secondo il contratto sono le 40 ore da dedicare al collegio docenti e alle sue articolazioni e le altre 40 per la partecipazione ai consigli di classe, sezione e intersezione. Superate queste 40+40 ore, il docente avrebbe diritto ad essere retribuito oppure esonerato dalla partecipazione ad ulteriori attività funzionali.
Il problema sorge quando gli appuntamenti fissati dalla dirigenza eccedono costantemente quelli previsti dal contratto, al punto che si innesta nelle persone e nei contesti professionali una forma quasi patologica di approccio al lavoro definita Job creep. Di che si tratta?
I rapporti tra personale scolastico e dirigenza non sempre sono facili. Talvolta dall’alto arrivano richieste anche non esplicite di quantità crescenti di ore di lavoro non retribuito, a cui il lavoratore non può o non riesce a dire di no. La Tecnica della Scuola vuole indagare su questo fenomeno, definito Job creep, comunemente tradotto in italiano come lavoro tossico, che da anni pare sia diffuso negli ambiti lavorativi, scolastici e no.
Si tratta della disponibilità a fare sempre di più per soddisfare le aspettative del dirigente, una disponibilità che si traduce in comportamenti o prestazioni che vengono creduti necessari per il proprio successo professionale ma che in realtà superano di gran lunga i doveri contrattuali: l’ansia di prestazione spinge la persona a lavorare oltre l’orario di servizio, la sera e durante il week end. Ovviamente il lavoratore viene intenzionalmente sollecitato a cadere in questa “trappola”, facendo leva sul suo desiderio di soddisfare le aspettative del superiore, portandolo, in sostanza, a modificare i parametri del suo accordo contrattuale senza aver contabilizzato questi cambiamenti.
Per avere un’idea della sua diffusione nel settore scolastico, basti pensare alle tante occasioni che vedono i docenti riunirsi per portare a termine dei lavori connessi alla professione al di fuori del proprio orario di servizio, ai cosiddetti “preconsigli”, ai lavori preparatori alle riunioni di dipartimento, di commissione, di progettazione, di valutazione ecc. Incontri tutti mossi da esigenze legittime, ovviamente, ma che pur essendo già previsti e contabilizzati nelle 40 + 40 ore aggiuntive a quelle delle lezioni, destinate allo svolgimento delle “attività funzionali all’insegnamento”, finiscono per sovra eccedere la mole di lavoro ordinaria.
Va anche sottolineato che questa eccessiva disponibilità del lavoratore nello svolgimento delle proprie mansioni porta ad assumere atteggiamenti che danneggiano non soltanto se stesso ma anche i colleghi. Il Job Creep è infatti contagioso poiché il timore che la minore disponibilità rispetto agli altri lavoratori possa essere considerata negativamente dal dirigente spinge all’uniformazione soprattutto i più giovani. Di contro, quelli che non si conformano, possono sentirsi più fragili o addirittura esposti a ritorsioni. E questo a maggior ragione in un momento in cui l’ARAN, l’Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni, nell’ambito delle trattative per il rinnovo del contratto dei lavoratori del settore scuola scaduto ormai da quattro anni- ha avuto l’ardire di avanzare la proposta (per fortuna bocciata dalla quasi totalità dei Sindacati…) di attribuire al dirigente scolastico il ruolo di autorità disciplinare nei confronti dei docenti, per le sanzioni più gravi, oggi materia degli Uffici Scolastici Regionali.
Alto livello di stress e burn out sono il risultato di questi comportamenti. Lavorare costantemente oltre l’orario regolare si traduce in una riduzione eccessiva del tempo libero necessario a riprendere energie attraverso la distrazione e il sonno.
Tempestati dai messaggi, senza soluzione di continuità, sui più disparati gruppi WhatsApp a cui partecipano colleghi, alunni e genitori, e a volte addirittura i DS, i docenti mostrano sempre più i segni di un utilizzo inappropriato della strumentazione tecnologica sul lavoro.
Il diritto alla disconnessione, cioè il diritto per il lavoratore di non essere costantemente reperibile, è tra l’altro previsto espressamente nel CCNL 2016-2018, nonché dalla Legge 81/2017, che regolamenta lo smart working. Ma per modificare queste insane abitudini è innanzitutto fondamentale prendere coscienza che proteggere le ore di “non lavoro” è indispensabile per tutelare il proprio benessere di lavoratori. Non a caso l’Ordine Mondiale della Sanità ha riconosciuto nel 2019 il burn out, a cui i docenti sono particolarmente esposti, come sindrome da esaurimento emotivo, uno stato di stress cronico lavoro-correlato.
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