Cari colleghi professori, ricercatori e personale scolastico dell’università e del ministero, care famiglie, carissimi studenti, desidero innanzitutto farvi i miei migliori auguri affinché le vostre feste siano serene e felici, e lo sia altrettanto il prossimo anno. Considero un vero privilegio aver trascorso con voi questo anno di lavoro e di comune impegno. Ho imparato tanto. Nonostante infatti tutta la mia vita si sia svolta nella scuola e nella formazione – per la mia professione, il mio ruolo di marito e di padre di tre figli – la responsabilità di fare il ministro in un momento così difficile per il nostro Paese è stata per me un’occasione unica per sentire quanto valore, orgoglio, professionalità, forza e risorse voi offriate all’Italia, giorno per giorno con il vostro impegno e fatica.
Occorre però riconoscere, e me ne assumo per intero tutta la responsabilità politica e morale, che nonostante i miei sinceri sforzi non sempre questo impegno è stato capito, raramente è stato valorizzato, quasi mai ha rappresentato una priorità per il Paese e le sue classi dirigenti. Basti pensare al mancato stanziamento di 300 milioni per il fondo di finanziamento ordinario delle università, un errore strategico che pregiudica il funzionamento dell’intero sistema della formazione superiore. Oppure ricordare come anche quest’anno si sia ritenuto di chiedere alla scuola, nonostante i tagli e le carenze di risorse e investimenti subiti negli ultimi anni, una riduzione delle risorse complessive.
A questa richiesta, che implicitamente sottintendeva purtroppo un mancato riconoscimento della centralità della scuola italiana nell’agenda politica dell’Italia, ho cercato di dare una risposta – purtroppo obbligata – che almeno prefigurasse un cammino di riforma del modello di insegnamento attuale, con tutte le difficoltà e le inevitabili incomprensioni, suscitate anche dal fatto che lo si doveva fare senza investimenti.
Forse ciò era quasi impossibile da evitare, viste le condizioni dell’Italia quando il governo un anno fa ha cominciato a lavorare. Ciononostante, questa ultima questione, come altre – a partire dalla necessità di una riforma della struttura organizzativa della ricerca nazionale – rimangono aperte e saranno necessariamente affrontate da chi mi seguirà in questa delicata funzione.
In particolare, penso all’edilizia scolastica, un patrimonio bisognoso di urgenti cure e ristrutturazioni, necessarie per assicurare una sicurezza e un agio ai nostri studenti che non possono venire da una pur necessaria modernizzazione e innovazione della didattica.
Il mio augurio a voi di serene festività coincide quest’anno con la conclusione del pieno mandato ministeriale e l’apertura di una fase di ordinaria amministrazione, nella quale vi assicuro lavorerò con la stessa energia e impegno dell’anno appena trascorso. Questo passaggio inevitabilmente mi spinge a tracciare un bilancio.
Come avete letto, non solo non ho voluto evitarlo, ma per serietà ho inteso farlo cominciando dalle ombre e dalle questioni irrisolte, perché la soddisfazione piena e auto assolutoria non può essere mai parte di un incarico civile, inteso come missione e progetto verso il futuro. Avere a cuore lo Stato e il bene pubblico significa infatti, per un sabaudo come me, guardare prima a ciò che rimane da fare piuttosto che alle cose fatte.
Ciò nondimeno, quest’anno abbiamo insieme realizzato molte cose che rimangono e costituiscono eredità e modello non solo per il sistema della formazione, ma per tutta la pubblica amministrazione:
penso innanzitutto al concorso per nuovi insegnanti, il cui avvio senza macchia e senza problemi costituisce non solo un esempio di rispetto della legge e delle pari opportunità per tutti, ma anche un modello di efficienza e di processo esemplare per tutta la pubblica amministrazione dello Stato. Un successo il cui terreno è stato anticipato dal buon esito dell’entrata in vigore del plico telematico negli esami di Stato. Penso anche allo straordinario e meticoloso lavoro di riprogettazione di tutto il sistema di bandi della ricerca, per farne un volano di sviluppo e un moltiplicatore di risorse, invertendo quella tendenza alla dispersione che oggi vede l’Italia ottenere solo 60 centesimi per ogni euro versato all’Ue, a fronte dell’euro e mezzo circa di paesi come Gran Bretagna, Belgio e Austria; ed infine all’avvio del nuovo sistema universitario, con il definitivo varo del sistema dell’abilitazione nazionale.
Abbiamo tutti lavorato duramente. Le nostre fatiche acquistano un senso speciale perché sono per lo più rivolte a voi studenti e ai nostri figli e nipoti. Questo senso del futuro è una bussola di cui il Paese non può privarsi senza correre il rischio di smarrirsi.
Il mio augurio per il prossimo anno è dunque quello che esso venga compreso e raccolto da chi viene dopo di noi. Anche su questo, potrete contare su di me.
Buone feste e buon anno a tutti voi
Francesco Profumo
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