Pochi giorni fa è stato pubblicato dal Ministero il nuovo rapporto sugli alunni con DSA.
Il documento – come abbiamo già segnalato in un articolo firma di Lara La Gatta – riporta, in due distinti paragrafi, le informazioni relative agli alunni con certificazione di DSA frequentanti le scuole del sistema nazionale di istruzione dal III anno di corso della scuola primaria alla scuola secondaria di II grado, e i dati relativi agli alunni “a rischio DSA”, ossia ai bambini frequentanti la scuola dell’infanzia e i primi due anni della scuola primaria a cui è stato riconosciuto un possibile disturbo di apprendimento.
Il rapporto conferma il dato che è ormai noto: nel corso del tempo si è assistito ad una progressiva crescita del numero di alunni con tali tipologie di disturbi nel complesso del sistema scolastico.
Ne parliamo con Raffaele Iosa, già dirigente tecnico ed esperto di problemi dell’inclusione.
Secondo Iosa stiamo assistendo ad un fenomeno di medicalizzazione che pesa nell’immaginario delle famiglie e degli insegnanti.
“Forse – afferma Iosa – il fenomeno ha a che fare con una lettura ansiosa del dolore umano o magari è una moda legata al mito del ben-essere come perfezione. Fra alunni con DSA, con disabilità e con BES arriviamo all’incredibile numero di circa 750.000 alunni studenti che hanno una ‘carta speciale’ con scuole quotidianamente impegnate in riunioni, piani e situazioni conflittuali”.
Ma c’è anche una questione squisitamente psico-pedagogica: nei confronti di alunni “certificati” (o per disabilità o per DSA) calano le attese sia delle famiglie sia della scuola e questo, come ci ha insegnato Lev Vygotskij, diminuisce anche i livelli di apprendimento degli alunni stessi.
Il problema è complesso e delicato e merita di essere approfondito.
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