Meno studenti, più insegnanti: è questo il titolo di un ampio e documentato intervento a firma di Sabino Cassese pubblicato da Il Foglio nella edizione del 26 luglio.
La tesi dell’articolo è facilmente riassumibile: in 60 anni il numero dei docenti italiani è triplicato, mentre gli studenti sono aumentati solamente del 20%.
Il dato è ancora più chiaro se ci si riferisce all’ultimo decennio: nel 2014/15 i docenti erano 788mila, nel 2022/23 sono arrivati a sfiorare le 944mila unità; 150 mila insegnanti in più a fronte di un calo drastico calo della popolazione scolastica, tanto che Cassese parla persino di “mito delle classi pollaio”.
A Cassese replica Mario Pittoni, responsabile scuola della Lega che sostiene che si tratta della solita battuta “spesso utilizzata per suggerire riduzioni delle risorse assegnate al sistema scolastico”.
Battuta che, secondo Pittoni “è vera solo a metà” perché “la percentuale di docenti ‘titolari’ (quelli cioè che possono garantire la continuità didattica alla base della qualità del servizio) è da tempo in caduta libera”.
“Quest’anno – aggiunge Pittoni – si sfonderà probabilmente il record assoluto delle supplenze (ci avviciniamo alle 300mila unità) che andranno a coprire i posti effettivamente necessari”.
Ma chi ha ragione, Pittoni o Cassese?
Probabilmente hanno ragione entrambi: Cassese basa il suo ragionamento sul numero delle “cattedre”, indipendentemente dal fatto che siano coperte da docenti di ruolo o da precari e quindi conclude affermando che il numero medio degli alunni per classe sta tendenzialmente diminuendo.
Pittoni, al contrario, fa riferimento al numero dei docenti a tempo determinato che, a partire dal 2014, è più che raddoppiato passando da 116mila a 240mila circa.
Per il suo intervento Sabino Cassese si è servito anche dei dati e delle analisi di uno studio condotto, fra gli altri, dall’economista Carlo Cottarelli pubblicato lo scorso mese di giugno.
“Le classi italiane – si legge nella ricerca di Rossana Arcano, Alessio Capacci e Carlo Cottarelli – sono tra le meno affollate rispetto agli altri principali Paesi. Nel 2020/2021 la dimensione media di una classe nella scuola primaria e secondaria di primo grado era, rispettivamente, di 18 e 20 studenti, contro una media OCSE di 21 e 23 studenti. Il dato italiano è simile a quello di alcuni Paesi nordici come la Finlandia (19 e 19), il cui sistema educativo è spesso ritenuto tra i migliori al mondo, e l’Islanda (19 e 20), ed è migliore del dato svedese (21 e 22)”.
“Anche il numero di studenti per insegnante – scrivono – è relativamente basso: nell’a.s. 2020/2021 l’Italia aveva 11 studenti per insegnante nella scuola primaria, contro 15 studenti nella media OCSE e 12, 15 e 18 studenti rispettivamente per Spagna, Germania e Francia. Per la scuola secondaria di I grado il dato italiano (sempre 11 studenti) è più basso della media OCSE (13), della media europea (12) e del numero per Francia e Germania
(rispettivamente 15 e 13 studenti)”.
Vedremo se e come, nei prossimi mesi, il Governo terrà in conto le considerazioni di Sabino Cassese e Carlo Cottarelli quando dovrà varare la legge di bilancio.
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