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Aumentano i promossi, gli studenti ignoranti pure

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Gli studenti italiani non sanno più l’italiano: a denunciarlo, almeno dal settembre 2017, è il Professor Francesco Sabatini, insigne filologo, lessicografo e linguista, nonché Presidente onorario dell’Accademia della Crusca (e Autore, fra l’altro, del Dizionario Italiano Sabatini Coletti). Eppure, di anno in anno, i promossi sono sempre di più. Lo dimostra il “focus” “Esiti degli scrutini del secondo ciclo di istruzione – Anno Scolastico 2017/2018”, pubblicato il 30 maggio scorso sul sito del MIUR. Eviteremo di sottolineare il fatto che la parola “focus” — uno dei tanti termini anglofoni dei quali si abusa ignorandone la matrice latina — in italiano era stata finora usata quasi soltanto in medicina (ove designa un “focolaio di infezione latente”), e che quindi andrebbe utilizzata con qualche cautela in più. Ci limiteremo soltanto a qualche considerazione sui dati focalizzati nel “focus” stesso.

Più promossi = più preparati?

Dallo studio risulta che «Aumentano gli studenti ammessi alla classe successiva e diminuisce la percentuale dei non ammessi: su 100 studenti scrutinati, 71 hanno direttamente conseguito l’ammissione alla classe successiva, mentre i non ammessi e quelli che hanno riportato la sospensione del giudizio in una o più discipline sono rispettivamente il 7,4% e il 21,5%. Di questi ultimi, a seguito della verifica aggiuntiva a settembre, più del 90% ha conseguito la promozione alla classe successiva (93,3% dei sospesi in giudizio)».

Lievemente più basso il numero dei promossi nel primo anno delle Superiori (86,9%), che sale però gradualmente fino al 95% del quarto anno. Le promozioni comunque sono in crescita rispetto all’anno precedente; e nelle scuole “paritarie” naturalmente sono ancor più numerose che nelle Statali (94,6% contro 91,0), e sempre in numero maggiore che nel 2016/17.

Italiano facoltativo?

Tentiamo allora di interpretare i dati. Qual è il loro significato? Essi confermano una tendenza degli ultimi decenni: l’aumento costante delle promozioni, di anno in anno. Come si spiega dunque la denuncia del Professor Sabatini? Se i promossi aumentano, ciò non dimostra che gli studenti sono sempre più preparati?

«Non si contano», scriveva il Professore sul Corriere della Sera «le lamentele dei professori di Giurisprudenza sull’incapacità degli studenti di quella Facoltà (…) di redigere la tesi o anche solo una tesina in un italiano accettabile. Alcuni docenti hanno deciso di eliminarle, perché sarebbero tutte da riscrivere. Fanno seguito le lamentele dei presidenti degli ordini forensi, nazionali e regionali, che denunciano l’impreparazione linguistica di molti giovani avvocati. Sui concorsi che riguardano questa categoria e anche quella degli aspiranti magistrati cali un velo pietoso (basta leggere le cronache dei giornali a ogni tornata di tali concorsi)». «L’italiano», aggiungeva, «non viene coltivato come tale».

Tastiera o penna?

«La scrittura nella scuola Primaria “modernizzata”» affermava Sabatini, «viene insegnata in maniera sempre più approssimativa, per la mancata considerazione del complicato processo cerebrale che consente il suo apprendimento, attraverso l’attivazione, a fini linguistici, di un nuovo canale sensoriale, la vista, in aggiunta all’udito, con l’apporto fondamentale delle operazioni della mano. Una sottovalutazione che si accompagna da un lato alla convinzione che ormai serve solo la scrittura elettronica (…). Alle Superiori gli studenti sono troppo spesso «incapaci di leggere testi scientifici e refrattari al linguaggio (più codificato) della matematica».

W l’inglesorum

«Mentre l’attenzione dei riformatori», secondo Sabatini, «va in altre direzioni: massimo potenziamento dello studio dell’inglese (necessario, per carità, ma non a scapito dell’italiano) e ogni altro possibile «allargamento», spesso sperimentale, delle discipline (ma una brutta fine ha fatto la geografia). (…) Il clima generale è in fondo creato dalle attese frettolose delle famiglie: soprattutto di quelle che chiedono di far studiare ciò che, secondo loro, serve direttamente a trovar lavoro, meglio se all’estero; tanto, si sente dire da non pochi, “l’italiano prima o poi diventerà un dialetto europeo che non servirà a nessuno”».

La Scuola del Paese capovolto

C’è forse qualche insegnante che possa non concordare col quadro disegnato dall’insigne Professor Sabatini 21 mesi fa? Alle elementari e alle medie è ormai praticamente impossibile bocciare. Risultato: sono sempre più frequenti gli studenti che a 16 anni, al Liceo classico, scrivono perle (nere) come «tu fui» o «tu andai»; mentre i pochi che studiano si vergognano di farlo perché considerati “secchioni” (quando non vengono bullizzati). Eppure i Dirigenti Scolastici dei (pochissimi) Licei ancor (minimamente) selettivi rovesciano spesso sui Collegi  dei Docenti fiumi di cifre statistiche per dimostrare (dietro input ministeriale) che in quei Licei «si boccia troppo», o che si danno “voti troppo bassi”: un po’ come si faceva 30 anni fa nelle scuole private per indurre i docenti ad alzare i voti onde non perdere iscritti in favore della concorrenza. Detto ciò, ci chiediamo ancora come mai, in questo Paese capovolto, le promozioni aumentino proporzionalmente all’analfabetismo funzionale?

Probabilmente, tutto sommato, per tutto ciò ben si addice l’espressione “focus” (in senso medico): sarà per questo che il MIUR l’ha usata per lo studio sugli esiti degli scrutini?

 

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