Se durante l’iter parlamentare non si dovessero trovare correttivi, gli eventuali (e peraltro modesti) aumenti stipendiali per i dipendenti pubblici di cui il Governo sta parlando potrebbero risultare ampiamente ridotti.
Come è noto attualmente tutti i dipendenti pubblici e privati con uno stipendio fino a 24.600 euro godono di una riduzione fiscale di 960 euro annui (80 mensili): si tratta del famoso “bonus Renzi” che attualmente costa alle casse dello Stato una decina di miliardi all’anno.
Il bonus non viene riconosciuto a chi ha uno stipendio superiore a 26.600 euro all’anno, mentre chi sta nella fascia compresa fra 24.600 e 26.600 ne usufruisce ma in modo proporzionale.
E’ ovvio, quindi che per chi già oggi ha uno stipendio superiore al tetto massimo (26.600) non cambierà nulla.
Ma per chi per chi ha un reddito esattamente uguale a 24.600 euro potrebbe profilarsi una vera e propria beffa.
Supponiamo infatti che nel 2019 l’insegnante che oggi è a 24.600 euro annui abbia un aumento di 400 euro arrivando quindi a 25.000.
Ovviamente gli sarà ricalcolato il “bonus” secondo questa semplice formula
(26.600-25.000): 2000 [la differenza fra 26.600 e 24.600] x 960
Cioè: 1.600:2000×960 =0,8 x 960 = 768
Nel concreto, quindi, chi si trova in quella posizione stipendiale avrà un aumento di 400, ma il suo bonus scenderà da 960 a 768 euro: in pratica l’aumento di 400 euro si ridurrà nei fatti a soli 208 euro.
Proprio per evitare che gli aumenti contrattuali fossero di fatto erosi da una diminuzione del bonus, nella legge di bilancio dello scorso anno venne introdotta una norma per portare il tetto massimo da 26.000 a 26.600 euro.
Ma quest’anno non è prevista nessuna misura in tal senso; ecco perchè chi ha uno stipendio prossimo ai limiti che danno diritto al “bonus Renzi” deve stare in guardia: alla resa dei conti l’eventuale aumento potrebbe risultare molto più modesto di quanto annunciato.
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