85 euro al mese? Sono lordi e sono una media degli aumenti promessi dentro cui devono stare tutti gli statali. E quindi c’è chi prenderà di più e chi di meno secondo precise fasce retributive.
La ministra della P.A, Marianna Madia avrebbe l’obiettivo di ridurre la forbice tra le retribuzioni, abbassando per esempio lo scarto fra chi oggi sfiora i 200mila euro l’anno e chi i 21.
In altre parole sembra proprio che per salvaguardare i redditi che beneficiano del bonus Irpef, a rischio di perderlo a seguito degli incrementi, si sta studiando una formula ad hoc. Un meccanismo alla ‘Robin Hood’, calibrato all’interno delle fasce retributive, cinque o sei, di ogni comparto, in modo da garantire incrementi per tutti, seppure graduati (di più a chi ha meno), in base a parametri certi: “Le parti valuteranno gli effetti che l’aumento retributivo” potrà “produrre in relazione agli incrementi stipendiali del personale collocato nei livelli retributivi più bassi e destinatario di recenti provvedimenti di giustizia sociale”. Il riferimento va agli 80 euro e al pericolo di scavalcare il tetto previsto per il riconoscimento dello sgravio.
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Ecco che le parti, sindacati e Aran potranno suggerire “eventuali misure correttive”. Il tutto però, avverte il ministero, “nei limiti delle risorse destinate” (5 miliardi in tutto, con una parte da stanziare nella prossima manovra).
E se il ministero pone il vincolo delle risorse è chiaro che bisogna navigare fra scogli irti e pericolosi contrasti dentro cui i sindacati si trovano a lottare con pochi prevedibili successi. Ma non poteva essere altrimenti
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