Ancora pochi giorni. Poi, a quasi circa 240mila lavoratori statali verrà ritoccato in meglio lo stipendio, con gli 85 euro medi di incremento lordo, come stabilito a Palazzo Vidoni più di un anno fa.
I dipendenti pubblici interessati operano nei ministeri e nelle istituzioni centrali e gli incrementi che li riguardano, come per altri comparti della PA, hanno a che vedere con il triennio 2016-2018, quindi comprensivi di arretrati una tantum: una somma decisamente bassa, perchè che va dai 370 euro della fascia retributiva più bassa ai 712 di quella più alta, per una media di 492 euro.
Dopo l’accordo prenatalizio, sottoscritto dai sindacati all’Aran il 23 dicembre scorso, è arrivato anche, il 16 gennaio, il parere positivo della Ragioneria Generale dello Stato. In pratica, il via libera del Mef, indispensabile per aprire le porte agli aumenti stipendiali, diventa il preludio all’arrivo dei soldi direttamente in busta paga.
A dire il vero, mancherebbero ancora il sì del Governo e la registrazione della Corte dei Conti, ma si tratta, francamente, di pure formalità. Poi, per rendere effettiva l’intesa, è indispensabile anche la sottoscrizione definitiva del contratto, con le parti (sindacale e pubblica) che si dovranno di nuovo confrontare all’Aran.
Secondo quanto riportano le agenzie di stampa, il disco verde dell’esecutivo potrebbe però arrivare a breve, con un passaggio in Consiglio dei ministri forse già venerdì 19 gennaio. L’unico dubbio è che non si faccia in tempo per avere aumenti ed arretrati con il “cedolino” di febbraio. In tal caso, si passerebbe direttamente allo stipendio di marzo.
Intanto, proseguono le trattative per gli altri tre comparti (scuola, enti locali e sanità).
E per la scuola, dopo gli ultimi incontri, sembra che il confronto stia vivendo un periodo di stallo. Sia per l’ancora non pervenuta situazione sui finanziamenti approvati con la Legge di Bilancio, sia perché l’Aran starebbe insistendo per l’approvazione di nuove norme che sanzionerebbero il personale docente con maggiore facilità e lo farebbero lavorare su altri “fronti”, senza però prevedere compensi aggiuntivi.
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