Mentre nella Legge di Stabilità si continuano a cercare sino all’ultimo le coperture per garantire gli 85 euro d’aumento, anche per evitare la beffa di far perdere il bonus Renzi a 100mila statali, l’Aran rompe gli indugi e mette in preallarme i sindacati: l’Agenzia che rappresenta il governo, avrebbe fatto sapere ai sindacati che è sua intenzione convocarli immediatamente dopo l’approvazione definitiva della manovra in Senato, dove la fiducia è prevista per il 21 o 22 dicembre. Ma se l’Aran ha fretta di chiudere, quello della Scuola rimane un problemone.
Riunione no-stop per chiudere il contratto madre
L’intenzione, sempre dell’Aran, è quella di allestire una sorta di riunione non-stop che porti a chiudere il contratto dell’amministrazione centrale, non della scuola, in tempi davvero record: se le parti dovessero avere idee condivise, si potrebbe chiudere in un paio di giorni, quindi già prima della pausa natalizia.
L’accordo, a quel punto, farebbe da “apripista” per tutti gli altri. Ma non per il comparto dell’istruzione, per il quale l’accordo di un anno fa alla Funzione Pubblica ha buone possibilità di saltare.
I sindacati lo hanno capito. E stanno puntando i piedi. Per le prossime ore, il 14 dicembre, Flc Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola Rua e Snals Confsal hanno organizzato un’assemblea pubblica davanti a Montecitorio: lo faranno, annunciano, “insieme alle lavoratrici e ai lavoratori chiedere alla politica di assumersi le proprie responsabilità. Occorre accelerare e chiudere il negoziato per il rinnovo del contratto”.
Meno di 85 euro non si può
“È inaccettabile – spiegano – la situazione di stallo della trattativa per il rinnovo del contratto. Siamo a un anno dall’accordo del 30 novembre 2016 di palazzo Vidoni, a sei mesi dalla riforma del testo unico sul Pubblico impiego, a un mese dall’invio dell’atto di indirizzo e ancora il negoziato non decolla. E sono ormai passati otto anni dalla scadenza dell’ultimo contratto”.
E ancora: “trasformare gli aumenti in percentuali sposta gli equilibri e avvantaggia chi ha retribuzioni più alte, penalizzando paradossalmente quelle più basse, diversamente da quanto prevede l’intesa di Palazzo Vidoni. Nessuno può ritenere che gli 85 euro possano rappresentare il recupero del potere d’acquisto perso in questi anni, né colmare la distanza che separa gli stipendi del comparto da quelli di altri Paesi; pensare addirittura di ridurli appare come una vera provocazione”.
I sindacati concludono con una sorta di ultimatum: “Quello che la ministra Fedeli definisce oggi ‘atto doveroso’ deve tradursi in scelte contrattuali coerenti e conseguenti”.
È notizia dell’ultima ora che la soluzione al problema della Scuola potrebbe passare per una clausola che ammortizzi i divari di aumento. E non è escluso che una parte, seppure piccola, sia resa omogenea per tutti: si potrebbe inserire, a questo scopo, la nuova voce “welfare”. Ma per il momento sono solo indiscrezioni, ma in effetti urgono soluzioni. Altrimenti, con la fine della legislatura i tempi si allungherebbero in modo impressionante.