Sugli 85 euro di aumento medio ci sono rischi di mancata copertura economica. Ma è anche corsa contro il tempo per reperire dalla legge di bilancio circa 300 milioni di euro ed evitare la beffa “ti do 85 euro di aumento, ma ti tolgo gli 80 euro del bonus Renzi”. L’impegno del Governo, che sta dietro alla Legge di Stabilità, è notevole perchè riguarda un alto numero di lavoratori pubblici ma soprattutto della scuola, il cui compenso annuale è infatti scivolato da circa 30.500 euro a 28.500 euro annui. Tanti di loro, a questo punto, devono sperare che nella manovra si approvi l’emendamento che faccia passare da 26mila a 27mila euro il corrispettivo annuo massimo per accedere al bonus Renzi.
A dirlo è stato il nostro direttore Alessandro Giuliani, l’11 dicembre, nel corso della trasmissione Open Day andata in onda in diretta su Radio Cusano.
“Sarebbe davvero mortificante – ha commentato – attendere nove anni per il rinnovo contrattuale e poi vedersi di fatto azzerato l’incentivo. È allora bene che si trovino le risorse necessarie, in modo che nessuno di coloro che oggi percepisce l’incremento forfetario voluto dal penultimo Governo, se lo veda portare via.”
Durante la puntata si è anche parlato dell’inchiesta della Tecnica della Scuola sui docenti fuori sede, che spendono per affitti, utenze e viaggi tra i 700 e i 900 euro mensili, rimando così per tutto il resto non più di 300-400 euro al mese: “con il piano di assunzioni della Buona Scuola, decine di migliaia di docenti, in prevalenza vicino ai 40 anni di età, sono stati spostati a distanze siderali da casa – ha ricordato Giuliani – e per loro non è facile andare avanti con questi stipendi: più volte in questi due anni e mezzo hanno chiesto ai governanti facilitazioni o sconti per i viaggi o per gli affitti, ma non se ne è mai fatto nulla”.
Gli accordi sottoscritti dal Miur in questi ultimi giorni sull’alternanza scuola-lavoro sono segnali importanti. “Ma non siamo alla svolta – avverte Giuliani – perchè il modello tedesco rimane lontano: in Italia siamo fermi ai buoni intenti, perché le risorse messe in campo sono ancora poche: le aziende si coinvolgono con progetti seri e finanziati, non con gli accordi fatti di volta in volta”.
“Inoltre, serviva la carta degli studenti ma ancora non è stata ancora resa pubblica. Probabilmente anche perché porre nero su bianco delle condizioni nella realizzazione degli stage potrebbe creare ulteriori problemi, se non ostacolare, i rapporti con le aziende”.
Sullo Smartphone la Francia ha preso posizione, con gli alunni di primarie e media che all’entrata di scuola dovranno da settembre consegnare lo strumento, noi in Italia stiamo aspettando il parere della commissioni di esperti incaricata dal Miur, probabilmente pronto gennaio: “non è così scontato che il cellulare possa essere necessariamente utile alla formazione, perché non è detto che lo studente possa rimanere ancorato sull’oggetto delle lezioni avendo sottomano uno strumento facile alla distrazione. E non è un caso che l’Indire, preoccupata per la scarsa socializzazione cui tende il cellulare, e alcuni docenti accademici abbiano espresso forti perplessità in merito.
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