Gentile redazione,
a proposito della vexata quaestio relativa alla retribuzione dei docenti, riporto quanto segue.
Ministro Fedeli, giugno 2017: “Lo stipendio mensile di un insegnante dovrebbe essere più o meno di 3.000 euro”.
Ministro Bussetti, giugno 2018: “Un docente dovrebbe guadagnare quanto un medico o un magistrato”. Dunque, almeno 4-5.000 euro al mese.
Ministro Bianchi, su questo sito, aprile 2021: “Ai docenti riconosceremo un aumento di stipendio di almeno 600 euro mensili netti”.
Queste le dichiarazioni di alcuni degli ultimi Ministri dell’istruzione, compreso quello ora in sella. Il resto, ovvero la realtà, è ciò che conosciamo, compreso lo stallo infinito nella contrattazione, le elemosine con le monetine aggiunte in busta paga, le umilianti, estenuanti trattative per contrattare pochi spiccioli in più, rispetto ai 1.500 euro scarsi di un docente nella prima fascia di anzianità di servizio e ai 2.000 più bruscolini per chi ha 40 anni di lavoro alle spalle.
In queste condizioni l’aggettivo “vergognoso” appare ancora una volta il più indicato per definire la situazione nel modo più semplice, chiaro e sintetico.
E, inutile dirlo, quell’aggettivo va in primis indirizzato alla politica, prescindendo totalmente dal colore.
Non ci resta infatti che constatare ancora una volta come la scuola, in Italia, diventi meritevole di attenzione solo allorquando scoppia l’emergenza, come è accaduto con la DAD, frangente nel quale tutti sembravano avere improvvisamente (ri)scoperto l’importanza di questa istituzione basilare in ogni Paese avanzato o che ambisca ad esserlo.
Un profluvio di chiacchiere, allora, e poi buonanotte ai suonatori, in ossequio a una prassi ben consolidata. Viene da chiedersi perché mai, su questo tema – solo su questo: si può, per una volta? – la galassia sindacale non indica uno sciopero generale anche di più giorni, strombazzandolo ai quattro venti per dire basta alle prese per i fondelli e per far capire in via definitiva che se la scuola è importante non si può continuare sine die a rifilare calci nel sedere ai docenti.
Sergio Mantovani