
La Giornata mondiale per la consapevolezza sull’autismo, in programma il 2 aprile, viene celebrata quest’anno in Italia con svariate iniziative: per sensibilizzare i cittadini sul problema, ad esempio, su diversi monumenti italiani si proietterà una luce blu. Come la Fontana dei Dioscuri nella Piazza del Quirinale e la facciata del Senato.
La sindrome dello spettro autistico – caratterizzata da difficoltà a stabilire relazioni sociali normali, da un uso anomalo o assente del linguaggio e da comportamenti ripetitivi – in Italia riguarda oltre mezzo milione di giovani sotto i 20 anni: si caratterizza come una condizione complessa le cui cause non sono ancora del tutto note, anche se esistono correlazioni genetiche, e che richiede interventi mirati.
I numeri ci dicono che a livello globale un bambino ogni 36 (1 su 77 in Italia) è colpito da disturbi dello spettro autistico, con una prevalenza nei maschi. La tendenza è in crescita: il tasso è quasi mille, per l’esattezza 917 casi ogni 100 mila persone.
In Italia, gli esperti segnalano circa 4.330 nuovi casi ogni anno. Eppure, ancora scarsa è spesso la consapevolezza rispetto a questo disturbo, come ha evidenziato anche un recente articolo del New England Journal of Medicine dal quale emerge come l’autismo sia ancora poco conosciuto da molti operatori sanitari, con ripercussioni dirette sulla qualità delle cure erogate.
Anche nella scuola si conferma la crescita. L‘ultimo rapporto dell’Istat sull’inclusione degli alunni con disabilità ci ha detto che gli alunni con disturbi dello spettro l’autismo ammontano a 107.000 e sono pari ad oltre il 32% del totale degli alunni con disabilità, praticamente un terzo dei casi certificati.
Le cause di questa impennata sono state spiegate alla Tecnica della Scuola da Raffaele Iosa, ex ispettore scolastico, dirigente tecnico presso il Ministero con incarichi legati proprio ai temi della disabilità e dell’inclusione: quello a cui stiamo assistendo, ha detto, è “un forte aumento certificativo in corso da 20 anni. In questo periodo gli studenti con disabilità sono triplicati e tre tipi di disabilità sono esplosi nel panorama clinico: l’autismo (un terzo dei certificati 104), l’ADHD (disturbo dell’attenzione e iperattività), e il DOP (disturbo oppositivo provocatorio).
Si tratta di disabilità accomunate da una caratteristica, e cioè da “comportamenti problema” ovvero con comportamenti “anomali, spesso aggressivi e fortemente reattivi”.
Il problema, ha spiegato Iosa, è che “le basi scientifiche di queste diagnosi sono discusse. Non esiste una certezza genetica e non esistono neppure “cure” farmacologiche particolarmente condivise. Stiamo ormai ritornando a modelli interpretativi ispirati ad un comportamentismo spinto, prevalentemente di base skinneriana, ed è esplosa parallelamente una neo-clinica (con molte strutture private agguerrite nel mercato della cura) con “tecnici terapeutiche” e “tecniche comportamentiste” che hanno una discreta efficacia nei comportamenti problemi, ma anche queste oggetto di discussione. E soprattutto un costo pesante per le famiglie”.
Il problema, continua l’esperto, è che “molto spesso c’è la tendenza ad “isolare” questi bambini e ragazzi (con proteste dei genitori) anche perché reputati “pericolosi” per i compagni di classe. Per loro domina quasi sempre la cosiddetta “copertura totale” (docente di sostegno + educatore comunale) in modo che mai siano lasciati “soli” in mezzo alla classe e ai docenti (diciamo così) ‘normali’. Siamo cioè già verso un declino separativo, in cui si diffondono “aule h” e spazi separati”.
Eppure, conclude l’ex ispettore esperto di disabilità, la soluzione vi sarebbe: occorre “intervenire per sviluppare competenze più raffinate e serie di capacità inclusive per tutti i docenti coinvolti, sia per quelli di sostegno che per i curricolari”.
Secondo l’associazione MGL ApS di Robbiate – che ha organizzato un percorso formativo sull’autismo rivolto a genitori, educatori e professionisti del settore (si svolgerà dal 4 marzo al 15 aprile) – “c’è bisogno urgente di conoscenza e consapevolezza in questi ambiti a fronte di un aumento esponenziale di casi in tutto il Paese. Non sono pronte le istituzioni ma spesso neppure le famiglie. E anche le norme non sono adeguate”.
“Basta pensare che dopo i 18 anni la persona con autismo non viene riconosciuta come tale, ma considerata nell’indifferenziata categoria dei malati psichiatrici”. Inoltre, non c’è traccia di un “registro nazionale completo dei casi”.
Sul fronte scientifico, scrive l’Ansa, tante le sfide ancora aperte come quella di arrivare ad intercettare precocemente i segni di rischio. In questa direzione vanno due studi promossi dalla Fondazione Stella Maris di Pisa, struttura che ogni anno diagnostica un disturbo dello spettro autistico a circa 900 bambini, con una media di 20 a settimana: sono dedicati proprio al riconoscimento dei segni precoci, sia in bambini provenienti dalla popolazione generale, sia in specifici gruppi considerati a rischio, come i bambini prematuri o che hanno un fratello o sorella maggiore con autismo, o che mostrano difficoltà socio-comunicative.
Il fine, spiega Andrea Guzzetta, responsabile del Dipartimento di Neuroscienze dell’Età Evolutiva della Stella Maris, “è proprio quello di intercettare i segni precoci, già dalla fascia 9-15 mesi, per attivare una promozione dello sviluppo, con coinvolgimento delle famiglie, che possa avere ripercussioni positive sulla plasticità cerebrale, che è massima a questa età. La ricerca mostra infatti come i primi segni di autismo emergano spesso già nel primo anno di vita e che i bambini che iniziano l’intervento nei primi due anni presentano in media traiettorie evolutive migliori, rispetto a quelli che lo iniziano successivamente”.
Secondo l’Associazione nazionale genitori persone con autismo, sul territorio, in realtà, i servizi spesso mancano: tra i “diritti mancati”, continua l’Ansa, ci sono innanzitutto i servizi per la diagnosi precoce in ogni regione, la presa in carico e progetti di vita in ogni Asl e i servizi per gli adulti, c’è anche la mancata specializzazione dei docenti nella scuola. Se poi pensiamo che la maggior parte dei 110mila docenti precari di sostegno non hanno mai fatto un corso in didattica speciale, il quadro diventa quasi drammatico.
Per i diritti negati, sui quali ad intervenire, spesso si va in tribunale. Così, ad esempio, alla vigilia della Giornata mondiale, il Tribunale di Campobasso ha condannato l’Azienda sanitaria regionale del Molise a rimborsare 100mila euro ai genitori di un minore autistico per le spese sostenute per garantirgli la riabilitazione con il metodo Aba, che è infatti considerato tra i più innovativi ed efficaci nel trattamento del disturbo autistico, riconosciuto dalle linee guida dell’Iss.