Anche al Ministero si stanno accorgendo che le certificazioni di autismo stanno subendo un incremento significativo.
Tanto che la sottosegretaria Paola Frassinetti afferma: “In un contesto dove l’incidenza delle diagnosi di autismo è in crescita, la scuola si conferma in prima linea, agente di trasformazione capace di fare la differenza e principale luogo di inclusione e realizzazione del successo formativo di ognuno”.
Non ci sembra però che vi siano documenti ufficiali che tentino di dare una spiegazione del fenomeno.
Nelle settimane scorse ne avevamo parlato con Raffaele Iosa, ex ispettore scolastico, dirigente tecnico presso il Ministero con incarichi legati proprio ai temi della disabilità e dell’inclusione che ci ha fornito utili indicazioni per comprendere quanto sta accadendo nel mondo della disabilità.
Iosa: Dobbiamo fare qualche passo indietro e parlare innanzitutto del forte aumento certificativo in corso da 20 anni. In questo periodo gli studenti con disabilità sono triplicati e tre tipi di disabilità sono esplosi nel panorama clinico: l’autismo (un terzo dei certificati 104), l’ADHD (disturbo dell’attenzione e iperattività), e il DOP (disturbo oppositivo provocatorio).
Si tratta di disabilità accomunate da una caratteristica, e cioè da “comportamenti problema” ovvero con comportamenti “anomali, spesso aggressivi e fortemente reattivi”.
E perché l’incremento delle certificazioni riguarda proprio queste forme di disabilità?
Iosa: L’esplosione ha seguito la diffusione del DSM V, il classico manuale statunitense di psichiatria del 2012 che viene ormai seguito dalle pratiche diagnostiche dei paesi europei.
Autismo, ADHD, DOP sono da questo manuale particolarmente “medicalizzati”, ed hanno ottenuto un gradimento diagnostico prima del tutto assente.
Il fatto è che anche le basi scientifiche di queste diagnosi sono discusse. Non esiste una certezza genetica e non esistono neppure “cure” farmacologiche particolarmente condivise.
Stiamo ormai ritornando a modelli interpretativi ispirati ad un comportamentismo spinto, prevalentemente di base skinneriana, ed è esplosa parallelamente una neo-clinica (con molte strutture private agguerrite nel mercato della cura) con “tecnici terapeutiche” e “tecniche comportamentiste” che hanno una discreta efficacia nei comportamenti problemi, ma anche queste oggetto di discussione. E soprattutto un costo pesante per le famiglie.
E cosa succede ai bambini e alle bambine che hanno certificazioni di questo tipo?
Iosa: Molto spesso c’è la tendenza ad “isolare” questi bambini e ragazzi anche perché “pericolosi” per i compagni di classe. Per loro domina quasi sempre la cosiddetta “copertura totale” (docente di sostegno + educatore comunale) in modo che mai siano lasciati “soli” in mezzo alla classe e ai docenti (diciamo così) “normali”.
Siamo cioè già verso un declino separativo, in cui si diffondono “aule h” e spazi separati.
Purtroppo su tutto questo, il dibattito scientifico e pedagogico è scarso, e quando si prova a farlo spesso accadono scontri.
E invece, secondo lei, cosa bisognerebbe fare?
Iosa: Credo che si debba intervenire per sviluppare competenze più raffinate e serie di capacità inclusive per tutti i docenti coinvolti, sia per quelli di sostegno che per i curricolari.
Non per nulla sto lavorando con amici e colleghi sensibili al tema a proporre quella che abbiamo chiamato “cattedra inclusiva”, che nasce dalla necessità di formare intensamente tutti i docenti italiani anche e soprattutto a fronte dalle nuove sfide che la profonda mutazione socio-culturale e scientifica delle disabilità sta producendo nelle nostre scuole.
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