Lo Spedalieri ha ancora una volta dimostrato di essere un luogo in cui si formano coscienze critiche. Negli ultimi tre giorni, all’interno del nostro liceo, a seguito di un’assemblea autoconvocata in data 15/02
noi studenti abbiamo organizzato, sentiti il corpo docente e la dirigenza, due giornate di cogestione.
Tutti noi abbiamo preso atto della necessità di mobilitarci, durante il difficile periodo della pandemia in cui sono cessati il dialogo, il dibattito, la libera circolazione di idee, elementi fondanti della vita democratica. Viviamo in uno Stato in cui le nostre istanze sono pressoché sempre ignorate, alle richieste di confronto ci rispondono con la repressione. Crediamo sia arrivato il momento in cui dobbiamo nuovamente
mostrare la nostra forza, la nostra irruenza: la nostra capacità di essere catalizzatori di rinnovamento.
La storia ci insegna come le crisi vengano caricate sulla schiena di chi già fa fatica a camminare e l’attuale condizione degli studenti e dei lavoratori ne è un plateale esempio. Chi paga prevalentemente le spese della fuoriuscita dalla crisi e del risollevamento economico e sociale del paese, sono sempre i soliti! Crediamo fermamente che se sacrifici devono esserci, tutti debbano contribuire in misura proporzionata, e questi devono servire a raggiungere determinati traguardi stabiliti collettivamente e non a far tornare indietro il
Paese.
Nessun vittimismo, nessuna voglia di essere compatiti, solo la forte e sinergica necessità di alzare la testa e iniziare a far sentire le nostre voci.
Abbiamo assistito, inorriditi e spaventati, alle morti di Lorenzo Parelli, 18enne, e Giuseppe Lenoci, 16enne, ammazzati durante uno stage promosso dalla sua scuola. Rifiutiamo la narrazione della tragica casualità delle loro morti, tutti noi eravamo fortemente consapevoli che un evento di questo genere sarebbe, prima o poi, accaduto: siamo perfettamente a conoscenza delle condizioni di sicurezza insufficienti o totalmente assenti in cui i lavoratori, e dunque gli studenti in attività di PCTO e stage, devono svolgere il loro impiego (si pensi alla media di 3 morti al giorno sul lavoro).
Sono anni che evidenziamo le criticità di un sistema fondato sullo sfruttamento, sono anni che il nostro grido di protesta viene soffocato.
Continuiamo a subire scelte prese dall’alto, da istituzioni che non ci prendono in considerazione: il ministro Bianchi ha imposto ai maturandi la reintroduzione delle prove scritte simulando uno strumentale “ritorno
alla normalità”, cancellando due anni di pandemia, nel quale gli studenti sono stati completamente abbandonati a loro stessi. Scelta peraltro presa senza sentire il parere di nessuna componente della
comunità scolastica, causando dunque confusione ed ira anche da parte dei docenti che, in sede assembleare, ci hanno manifestato la loro vicinanza.
Da ciò nasce la necessità di riprenderci i nostri spazi e riunirci in queste assemblee cogestite, durante le quali ci siamo divisi in diversi spazi assembleari discutendo di: PCTO, salute mentale, nuova maturità,
differenze di genere, riforma della scuola, modalità di sciopero. Durante tali momenti è risultata preziosa la partecipazione dei docenti che hanno animato il dibattito, dimostrando ancora una volta come le condizioni
degli studenti siano strettamente correlate a quelle di tutti i lavoratori della scuola.
Intendiamo la scuola come catalizzatrice di rinnovamento e come studenti del nostro liceo siamo riusciti a teorizzare un modello alternativo di didattica, fondato sul confronto e sullo spirito critico.
Il nostro cammino non finisce di certo qui, la strada non appare ardua e tortuosa, ma “per aspera ad astra” (attraverso le difficoltà, alle stelle).