Già abbiamo dato notizia della richiesta della Cgil di avere chiarimenti dal Governo in merito al disegno di legge sulla autonomia differenziata di cui si discute già dai primi mesi del primo Governo Conte (tutto si era arenato quasi subito per la posizione contraria del M5S).
Al momento una bozza ufficiale del disegno di legge al quale sta lavorando la Ministra Mariastella Gelmini con la Conferenza Stato Regioni non esiste, ma possiamo parlare della questione basandoci su documenti ufficiosi che stanno circolando fra gli addetti ai lavori.
Per quanto ne sappiamo in questo momento il ddl legge definisce i principi generali per riconoscere alle Regioni che lo richiedono ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia secondo quanto previsto dal terzo comma dell’articolo 116 della Costituzione.
La disposizione richiamata prevede che con legge dello Stato possono essere attribuite alle Regioni “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie di cui al terzo comma dell’articolo 117 e le materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo alle lettere l), limitatamente all’organizzazione della giustizia di pace, n) e s)”.
In altre parole: già adesso, ai sensi dell’articolo 116 della Carta Costituzionale, le Regioni possono ottenere maggiore autonomia nelle materie previste dalle lettere l (ma solo per l’organizzazione della giustizia di pace), n (istruzione) e s (tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali).
In pratica l’articolo 116 consente di attribuire alle regioni a statuto ordinario alcune prerogative che oggi riguardano solamente le regioni a statuto speciale (Valle d’Aosta, Sicilia, Sardegna, Friuli-Venezia Giulia) e alle due province autonome di Trento e Bolzano.
Il disegno di legge Gelmini si limita a stabilire le regole con cui dovrà avvenire questo passaggio di poteri dallo Stato alle Regioni.
Dalla documentazione di cui disponiamo in questo momento emerge che il meccanismo potrebbe essere questo: la Regione che intende avere maggiore autonomia sottoscrive una prima intesa di massima con il Governo che dopo una serie di passaggi istituzionali predispone il disegno di legge da sottoporre al Parlamento che dovrà poi approvarlo definitivamente con voto a maggioranza assoluta.
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