Dopo Sardegna e Toscana, anche la Campania ha presentato ricorso contro la riforma Calderoli per l’autonomia differenziata. Ieri pomeriggio, 26 agosto, come riporta ItaliaOggi, è stato notificato alla presidenza del Consiglio dei ministri il ricorso con il quale la Campania chiede alla Corte Costituzionale di dichiarare la illegittimità costituzionale della legge Calderoli.
I motivi del ricorso
La Regione ha presentato un documento articolato in 15 motivi. Secondo i ricorrenti, le modalità attuative dell’art. 116, comma 3 della Costituzione adottate dalla legge Calderoli ne tradirebbero lo spirito determinando “un sistema iniquo, volto a realizzare non un progetto ‘di autonomia, fattispecie lecita, ma più correttamente di secessione, evento illecito, che si colloca fuori dell’ordinamento costituzionale’”.
Nel testo vi sarebbe una“gravissima violazione” dei principi di legalità, poiché l’individuazione dei livelli essenziali di prestazione viene affidata al governo senza predeterminare alcun principio o criterio direttivo, in contrasto con la Costituzione. E, ancora, “si affida l’intesa ad una trattativa con il Governo, mortificando il ruolo delle Conferenze, in violazione del principio di leale collaborazione e impedendo di verificare le ricadute dei singoli percorsi sull’insieme delle Regioni e su tutta la rete delle autonomie locali”.
Nella sintesi delle 90 pagine di ricorso alla Consulta, come riporta La Repubblica, la Regione denuncia tra i principali motivi di illegittimità il fatto “che la legge consente una devoluzione di competenze alle Regioni così ampia ed incontrollata, anche in materie riguardanti diritti fondamentali e servizi di civiltà – come la sanità, la scuola pubblica, la previdenza integrativa, la protezione civile – da minare la stessa sovranità dello Stato e rompere l’unità nazionale e l’eguaglianza dei cittadini delle diverse aree del Paese”.
E ancora che “che il ruolo del Parlamento, unico garante dell’unità nazionale e dell’interesse generale, è del tutto svilito, in favore del Presidente del Consiglio dei Ministri, al quale viene affidato in esclusiva il potere di limitare l’oggetto delle intese”. Secondo la Regione inoltre nella legge “ in contrasto con le norme costituzionali, che espressamente subordinano l’ autonomia differenziata all’attuazione delle misure perequative previste per il superamento dei divari territoriali e al concreto finanziamento e attuazione dei LEP, la legge contiene mere affermazioni di principio sulla determinazione dei Lep, come confermato dalla espressa previsione di invarianza finanziaria”.
Autonomia differenziata, cosa succede ora
Il ddl in 11 articoli approvato nella notte tra il 18 e il 19 giugno alla Camera definisce le procedure legislative e amministrative per l’applicazione del terzo comma dell’articolo 116 della Costituzione. Si tratta di definire le intese tra lo Stato e quelle Regioni che chiedono l’autonomia differenziata nelle 23 materie indicate nel provvedimento.
Nel testo è specificato che le richieste di autonomia devono partire su iniziativa delle stesse Regioni, sentiti gli enti locali. Le materie su cui si può chiedere l’autonomia sono 23. Tra queste ci sono Tutela della salute, Istruzione, Sport, Ambiente, Energia, Trasporti, Cultura e Commercio estero. Quattordici sono poi le materie definite dai Lep, Livelli essenziali di prestazione.
Il governo entro 24 mesi dall’entrata in vigore del ddl dovrà varare uno o più decreti legislativi per determinare livelli e importi dei Lep. Mentre Stato e Regioni, una volta avviata, avranno tempo 5 mesi per arrivare a un accordo. Le intese potranno durare fino a 10 anni e poi essere rinnovate. Oppure potranno terminare prima, con un preavviso di almeno 12 mesi.
Autonomia differenziata, cosa cambierà per la scuola?
La Cgil si è detta “radicalmente contraria all’autonomia differenziata: abbiamo assistito a scene incredibili al Senato – ha sottolineato Fracassi qualche mese fa – . Abbiamo fatto quindi un appello ai senatori affinchè la scuola non sia collocata in questo ‘tritacarne’, finalizzato a smantellare la scuola pubblica e ad avviare un chiaro processo di privatizzazione”.
“Se passa l’autonomia differenziata il passo successivo saranno i contratti integrativi regionali nell’ambito scolastico e sanitario”, così il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, qualche mese fa.
“Altro che Autonomia differenziata, dobbiamo ridurre i divari”, ha detto tempo fa la segretaria dem Elly Schlein in linea con diversi governatori preoccupati del ddl. C’è anche chi si preoccupa di una eventuale introduzione di gabbie salariali per docenti.
Nel frattempo è partita da settimane la raccolta firme per il referendum abrogativo della legge, che in pochi giorni ha raccolto più di 300mila firme.