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Autonomia differenziata, legge “spacca-Italia”? Presto stipendi differenziati? De Luca: no, se si vietano contratti integrativi in tutte le regioni su sanità e scuola

Si alzano le barricate contro il ddl Calderoli sull’autonomia differenziata, approvato nella notte tra il 18 e il 19 giugno alla Camera, dopo il via libera del Senato, cui manca solo la firma del presidente della Repubblica Sergio Mattarella per entrare in vigore. Tra i più critici contro la legge ispirata dalla Lega figura senza dubbio il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca, che nell’appuntamento social del venerdì “tira per la giacca” l’opposizione e alle frange della maggioranza critiche sul provvedimento, dicendo loro di “approvare due emendamenti”.

“Il primo per vietare a tutte le regioni, del Nord e del Sud, di fare contratti integrativi regionali per sanità e scuola. Sarebbe questo un elemento di garanzia e di non rottura dell’unità nazionale. Noi siamo disponibili se diciamo che l’autonomia non vuole spaccare l’Italia e si approva l’emendamento che vieta di stipulare contratti integrativi in tutte le regioni su sanità e scuola. In questo modo – sostiene De Luca – potremmo evitare referendum e ricorsi alla Corte Costituzionale”.

L’altro emendamento che promuove il governatore campano riguarda le risorse per le regioni stanziate dal fondo del Sistema sanitario nazionale: “Devono essere uguali per ogni cittadino così come il numero dei dipendenti della sanità pubblica deve essere uguale per tutte le regioni. Se approviamo questi due emendamenti possiamo andare avanti tranquilli”, conclude De Luca.

“La nostra linea – ha aggiunto De Luca – è quella della burocrazia zero, non della rottura costituzionale. La Regione Campania chiede più poteri su quelle materie su cui impera la palude burocratica romana e questa è l’altra battaglia da fare”.

 “La Campania – ha continuato il presidente della regione – si siederà al tavolo dell’autonomia un minuto dopo l’approvazione della legge ma per muoversi in direzione opposta a quella di questa autonomia. Vogliamo invece far valere al tavolo la nostra linea che è quella di burocrazia zero. Anziché spaccare l’Italia e fare i furbi sulle risorse per sanità, trasporto pubblico e scuola, muoviamoci assieme per sconfiggere la palude burocratica romana”.

Nelle stesse ore, i governatori di centrosinistra hanno lanciato il piano per fermare la “legge spacca-Italia”: anche se De Luca sostiene che quella di evitare il tribunale potrebbe essere la strada migliore, la stessa regione Campania, assieme a Sardegna e Puglia, sta studiando la possibilità di un ricorso alla Corte costituzionale contro la legge appena approvata dal Parlamento.

In parallelo, si complica la via del referendum abrogativo richiesto di cinque Consigli regionali. A breve ne resteranno solo quattro con il centrosinistra in maggioranza, perché quello dell’Emilia-Romagna concluderà di fatto la propria legislatura quando, attorno al 10 luglio, il dem Stefano Bonaccini si dimetterà per approdare al Parlamento europeo.

I gruppi della coalizione che sostengono il governatore emiliano, scrive l’Ansa, stanno lavorando a una risoluzione, da presentare la prossima settimana, per schierare l’Emilia-Romagna contro l’Autonomia differenziata e sostenere ogni iniziativa per contrastarla.

Se approvato, sarebbe un atto dal valore politico, ma non formale, come quello che invece la Costituzione prevede per la richiesta di un referendum. In alternativa serve la sottoscrizione di almeno mezzo milione di cittadini: la Cgil si sta già mobilitando, assicura il segretario generale Maurizio Landini, e così anche i partiti di opposizione politica.

Riccardo Magi (+Europa) chiede intanto al Governo Meloni di attivare la piattaforma digitale per la raccolta firme. “Autonomia significa libertà non solo per i veneti ma per tutti gli italiani, è una grande possibilità di correre anche per il Sud – la tesi di Salvini -. Regioni come Calabria e Puglia potranno gestire direttamente le competenze facendo meglio di Roma, incassando di più, lasciando più soldi sul territorio”.

Il centrosinistra la vede all’opposto. Dalla Sardegna, Alessandra Todde (M5s) propone “un coordinamento con le altre Regioni del Sud” per organizzare le azioni di contrasto alla legge, “coinvolgendo anche quelle amministrate da Forza Italia”. Per Todde, “aprire la falla di incostituzionalità per la Sardegna è più facile”, in quanto a statuto speciale.

In effetti, qualche perplessità sulla riforma arriva anche da chi sta al Governo: “Nel mio ruolo di sottosegretaria all’Economia e alle finanze – prova a tranquillizzare l’azzurra Sandra Savino – e anche con la gestione della cabina di regia sui Lep non posso pensare che ci sia qualcuno che resta indietro. È fuori discussione”.

Anche il governatore toscano Eugenio Giani (Pd) punta su un’azione coordinata delle Regioni verso il referendum. Altri suoi colleghi studiano la possibilità di ricorrere alla Consulta. Si fanno riflessioni giuridiche in Campania e in Puglia. Anche se Michele Emiliano non nasconde le insidie. Il ricorso costituzionale “non è semplicissimo” dovendo dimostrare che le prerogative regionali sono toccate. Inoltre, nota il governatore pugliese, “Calderoli, in maniera dolosa, ha inserito la riforma in un annesso finanziario, di natura fiscale, alla legge di bilancio” ed “è vietato il referendum abrogativo delle norme fiscali”.

Anche dai sindacati continuano ad arrivare perplessità: “L’autonomia differenziata, così come approvata dal Parlamento – ha detto Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief -, creerà enormi danni alla scuola, soprattutto agli istituti collocati in territori svantaggiati: abbiamo suggerito, in fase di attuazione, delle precise condizioni sul finanziamento dei LEP, così da avere quelle garanzie di omogeneità e armonizzazione tra le regioni che nella legge approvata non vi sono. Comunque, per noi la norma rimane incostituzionale e la porteremo di certo in tribunale”.

Alessandro Giuliani

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