A meno di un mese dalla sua approvazione, la Legge 86/24 sull’autonomia differenziata sembra contenere tutti i requisiti per rendere ancora più rovente l’estate del 2024: a seguito della sua imminente entrata in vigore, il Governo, a partire dal ministro per gli Affari regionali Roberto Calderoli, intende infatti procedere a tappe forzate per arrivare a compimento del progetto. Il primo step del progetto sarà quello di aprire le discussioni con le regioni Veneto, Lombardia e Piemonte che hanno fatto richiesta di poter trattare sulle nove materie che hanno già un fabbisogno di costo e che quindi non necessitano dei Lep.
Il Governo, però, avrebbe dato disponibilità ad ascoltare anche altre regioni, oltre che Comuni e Province. Considerando la complessità delle operazioni da attuare, agli incontri saranno presenti anche altri rappresentanti di altri Ministeri.
Già in questa prima fase di approccio e attuazione della legge, risulta evidente il divario di coinvolgimento e di forze da mettere in campo a livello regionale.
Il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, ha già fatto sapere che alle nove materie non Lep potrebbero affiancarsene altre già previste nella pre-intesa siglata nel 2018.
Il governatore della Lombardia, Attilio Fontana, ha tenuto a ricordare che “la trattativa la iniziò il presidente Roberto Maroni in una lettera in cui chiedeva tutte e 23 le materie”.
Inoltre, riferisce l’Ansa, ha sottolineato come un una valutazione di Moody’s è stato confermato anche per il 2024 un rating della Lombardia maggiore a quello dell’Italia, arrivando a concludere che con questa riforma si potrà ottenere “efficientamento e miglioramento dal punto di vista dell’erogazione e della gestione dei servizi”.
Di tutt’altro avviso il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano: qualche giorno fa ha dichiarato che “in alcune materie come scuola e sanità, approfittando di bilanci ordinari molto più ricchi di quelli del sud, il rischio è che si stabilisca una retribuzione aggiuntiva di medici, infermieri e insegnanti”.
Più che di aumenti stipendiali, si tratterebbe di indennità da assegnare al personale scolastico, come quello sanitario, impegnato in quei territori dove la ricchezza e il welfare sono maggiori. Il rischio concreto di questa operazione, sempre secondo il governatore della Puglia, sarebbe quello di “portare via tutto il capitale umano del Mezzogiorno in sanità e scuola: sarebbe un fatto gravissimo”.
Il 15luglio è tornato a parlare dell’argomento l’ex governatore dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini, a detta del quale nella legge sull’autonomia “c’è tanto che non va, noi”: a suo tempo “avevamo chiesto poche materie e qui le chiedono tutte quante, che sono tantissime, compreso scuola e sanità che è proprio un errore gravissimo. Potenzialmente con la legge Calderoli ci potrebbero essere 20 pubbliche istruzioni diverse”.
Secondo Bonaccini “faremo ridere il mondo perché se c’è una grande infrastruttura pubblica che deve essere unica è quella dell’istruzione, per unire tutto un Paese”.
Nel frattempo, prendono corpo le iniziative per la raccolta di firme contro l’autonomia differenziata. Come quella di Italia Viva, perché, a detta di Davide Faraone, capogruppo Iv alla Camera, questa riforma “scassa il Paese”.
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