Nei prossimi giorni riprende al Senato l’esame del disegno di legge Calderoli sul disegno di legge per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario e questo sta alimentando il dibattito anche nel mondo della scuola.
Proprio nella giornata del 9 gennaio i principali sindacati del comparto (Flc-Cgil, Cisl Scuola e Uil Scuola) hanno diramato unitariamente (tutti e tre alle ore 11 in punto) una nota rivolta alle senatrici e ai senatori della Repubblica.
Con la nota, che si apre con una dozzina di righe che vengono ripetute pressoché identiche da tutti, i sindacati chiedono la piena salvaguardia del carattere unitario e nazionale del nostro sistema pubblico di istruzione.
Ma, a parte questo preambolo, i tre documenti presentano differenze più o meno significative.
Per la verità le differenze iniziano già nelle prime righe mettendo persino in discussione l’unitarietà dello stesso preambolo: Cgil e Cisl, per esempio, parlano di “appello” ai senatori, mentre Uil Scuola non usa questo termine e si limita a titolare che il sindacato “scrive” ai senatori.
Può sembrare una inezia ma forse non lo è soprattutto se si leggono con un po’ più di attenzione le tre lettere.
“Le Regioni – scrive la Cisl Scuola – godono già di rilevanti competenze politico-amministrative (calendario scolastico, programmazione dell’offerta formativa, individuazione e dimensionamento delle istituzioni scolastiche, ecc.)” e quindi – prosegue il sindacato “la direzione più opportuna da seguire è quella di una valorizzazione di tali competenze, fermo restando il carattere unitario e nazionale del nostro sistema di istruzione, elemento fondante dell’identità nazionale e della cittadinanza italiana”.
Uil Scuola entra nel merito del testo del disegno di legge e sottolinea la necessità di:
eliminare il principio pattizio, che introduce l’autonomia attraverso una trattativa tra governo e singola regione, derubricando il ruolo del parlamento a mero ratificatore;
collegare l’autonomia a specificità della regione richiedente e introdurre per la legge di approvazione momenti di verifica referendaria;
spostare dalla potestà concorrente a quella esclusiva statale le materie ritenute strategiche per l’unità del paese a partire dall’istruzione, salvaguardando l’autonomia delle istituzioni scolastiche e universitarie;
modificare i livelli “essenziali” in livelli “uniformi” delle prestazioni.
Flc-Cgil è netta: “Il nostro appello e la nostra richiesta, esplicita e non incrinata da dubbi, è una sola: si tenga la scuola ‘organo costituzionale’ fuori dal processo tracciato dal DDL n. 615. Perché nella scuola, unica nelle finalità, nazionale nell’ordinamento, uguale nei diritti dell’alunno, risiede la nostra appartenenza alla comunità nazionale”.
Per parte sua Cisl Scuola dichiara “la piena disponibilità a un confronto aperto e costruttivo con il Governo e con il Parlamento, per apportare modifiche migliorative al testo attualmente in discussione”.
La sensazione è che i tre sindacati sono pressoché concordi nel denunciare il fatto l’autonomia differenziata potrebbe mettere a rischio il carattere unitario del sistema scolastico, ma poi non sono altrettanto uniti sul piano operativo e fanno difficoltà a mettere a punto una strategia unitaria di intervento per tentare di “bloccare” la riforma Calderoli.
Per parte sua – al di là della legge sulla autonomia differenziata – Valditara è al lavoro da tempo per tentare di introdurre per altre vie elementi di “regionalizzazione” del sistema di istruzione: quello che sta accadendo in questi giorni sul tema della filiera tecnologico-professionale e del liceo made in Italy dovrebbe far riflettere: senza scomodare l’autonomia differenziata diverse regioni sembrano già in concorrenza fra di loro per mostrare e dimostrare di essere all’altezza della “sfida” che il Governo ha deciso di lanciare proprio sulla riforma di un pezzo significativo della scuola secondaria (e non è un caso che proprio in questi giorni il ministro Valditara sia intervenuto, seppure a distanza, ad una iniziativa promossa in Calabria per il “lancio” della riforma su tecnici e professionali)
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