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Autonomia differenziata: un disegno di legge irricevibile e un ministro che tira la pietra e poi nasconde la mano

L’autonomia differenziata torna nell’attualità mediatica e sempre provvisoria per il disegno di legge licenziato dal Consiglio dei Ministri che non ha nessuna possibilità di essere implementato e discusso a breve dal Parlamento  soltanto dopo una serie di passaggi inevitabili con le Regioni ma anche una serie di pareri costituzionali, un corredo di stanziamenti finanziari enormi che, oltre quanto formalmente scritto sulle prestazioni essenziali uguali in tutto il Paese, dovranno rendere effettivo questo principio. 

Il punto è quello che intende soprattutto la Lega Nord e non solo, sulla spesa storica e quei livelli essenziali che riguardano soprattutto sanità, scuola, trasporti, infrastrutture, stipendi. Il disegno di legge Calderoli è irricevibile e ha tutta l’aria, vista l’accelerazione del governo, di uno spot elettorale per la Lombardia dove si ripresenta il leghista Fontana. La Meloni e il suo partito di maggioranza relativa rischia molto per la sua presunta visione nazionale del Paese con unico tricolore e le altre componenti del governo cominciano già a manifestare perplessità e impegni a voler cambiare il testo del DDL che non è più e non poteva essere un decreto del governo. Le opposizioni, naturalmente, tutte schierate contro quel disegno di legge, Regioni e Comuni, insieme a tutti i sindacati, in fibrillazione. Fatta questa premessa, bisogna tenere i piedi ben piantati in terra perché non c’è nulla che possano fare in poche settimane. 

La scuola, naturalmente, è al centro di una discussione lunga e non sarà difficile contestare con la semplice rappresentazione della realtà al Sud e in alcune zone di periferia anche al Nord lo stato attuale delle cose. Ci sono state avvisaglie di questa regionalizzazione del Nord negli anni scorsi e altre più insistenti proprio dal Ministro dell’Istruzione. Sul tema siamo adulti e da tempo Democrazia Costituzionale e il suo pensatore più noto che è il Professore emerito Villone, ci indica la strada da seguire, sugli equivoci e mancata chiarezza del titolo quinto con l’ultimo atto ufficiale del governo Gentiloni nel 2017 firmato, su ordine di Renzi, con Lombardia, Veneto e Emilia Romagna. Da allora se ne parla e si vede il coinvolgimento di più forze politiche, presumibilmente, tranne quella di Salvini, divise anche al loro interno.

Quindi, calma e seguiamo il processo di quest’atto governativo che non è così pacifico come appare. Metteremo a paragone dati statistici obiettivi, lo stato di salute dei nostri edifici scolastici, del numero di asilo nido, del tempo pieno, delle strade, ferrovie e trasporti pubblici, degli stipendi che sono bassi per tutti e che non possono riportare alle gabbie salariali, nella scuola più che in altri comparti, la via crucis soprattutto dei precari che costituiscono oltre il 20% dell’organico di fatto ma non di diritto, della mobilità a senso unico da Sud a Nord, da paese a città, del problema casa e la costrizione a doverne pagare i costi per due non avendo stabilità etc. C’è tempo per farlo e per contestare, anche un Ministro che tira la pietra della regionalizzazione e poi nasconde la mano. Andiamo avanti.


Salvatore Salerno Scuola & Politica 

Libero Tassella SBC

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