“L’autonomia differenziata”, approvata poche ore fa dal Parlamento in via definitiva,rappresenta “una grande occasione per i territori e non bisogna averne paura per quanto riguarda la scuola, anzi: invito i cittadini a non farsi condizionare da chi fa terrorismo psicologico”: a sostenerlo è stato il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, che in questo modo ha voluto anche rispondere a chi, come la segreteria del Pd, Elly Schlein, sostiene che con questa riforma si “sancisce che esistono cittadine e cittadini di serie e a e serie b”.
Intervenuto a Lecce, dove ha partecipato ad un incontro a sostegno di Adriana Poli Bortone, candidata sindaca del centrodestra, il titolare del Mim ha detto di avere “voluto fortemente Agenda Sud”, che costituisce “la prima iniziativa strategica di un governo della Repubblica per riunire l’Italia dal punto di euro sul Mezzogiorno”.
Con questa riforma dell’esecutivo Meloni, il pericolo, dicono dall’opposizione, è che le scuole con meno risorse e possibilità territoriali si ritroveranno sempre più indietro, come offerta formativa, rispetto a quello collocate in aree dove il supporto socio-economico risulta decisamente più alto.
C’è anche chi sostiene, come il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, che il passo successivo all’autonomia differenziata saranno i contratti integrativi regionali sia in ambito scolastico che sanitario.
Anche i ‘grillini’ tornano a farsi sentire. Secondo il senatore M5S e Segretario di Presidenza del Senato Pietro Lorefice “questo capitolo porterà una frammentazione del sistema educativo che spaccherà le scuole italiane in scuole di serie A e di serie B, creando e aumentando diseguaglianze e andando a dare il colpo di grazia sopratutto a quelle realtà in cui la scuola pubblica è già in condizioni complicate”.
Altrettanto severo è il giudizio di Gianna Fracassi, segretaria generale della Flc-Cgil: con l’autonomia differenziata si realizza un disegno secessionistico che fa carta straccia della coesione sociale e territoriale che sono alla base della nostra Repubblica”.
“Avevamo chiesto fin dall’inizio dell’esame del provvedimento in Senato di stralciare le norme su istruzione e ricerca: pertanto il nostro sindacato darà mandato all’ufficio legale per impugnarne gli atti attuativi di una legge che a nostro avviso contiene diversi profili di incostituzionalità”, ha commentato Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief.
Gli altri programmi del Governo
Quindi, il ministro Valditara ha annunciato che “da settembre” 2024 il Governo investirà “ulteriori risorse in Agenda Sud”, poiché crede “che le opportunità formative per i nostri giovani debbano essere uguali, a prescindere dal luogo dove si risiede”.
Il responsabile del dicastero bianco ha quindi detto che “gli investimenti che abbiamo fatto nell’istruzione, come la riforma del 4+2, che ha riguardato gli istituti tecnici e professionali, ha visto una risposta eccezionale, in particolare da parte delle regioni del Mezzogiorno”.
Infine, Valditara ha tenuto a ricordare che proprio sull’esigenza di stimolare le competenze degli studenti in uscita dal percorso superiore, “Puglia e Calabria hanno dato una risposta forte che testimonia la volontà di crescita, di riscatto, la volontà di futuro di queste regioni”.
L’autonomia differenziata in sintesi
Ma cosa contiene l’autonomia differenziata? Sono 11 gli articoli approvati dal Parlamento per definire le procedure legislative e amministrative per l’applicazione del terzo comma dell’articolo 116 della Costituzione. Si tratta di definire le intese tra lo Stato e quelle Regioni che chiedono l’autonomia differenziata nelle 23 materie indicate nel provvedimento.
Nel testo è specificato che le richieste di autonomia devono partire su iniziativa delle stesse Regioni, sentiti gli enti locali. Le materie su cui si può chiedere l’autonomia sono 23. Tra queste ci sono Tutela della salute, Istruzione, Sport, Ambiente, Energia, Trasporti, Cultura e Commercio estero. Quattordici sono poi le materie definite dai Lep, Livelli essenziali di prestazione.
Il governo entro 24 mesi dall’entrata in vigore del ddl dovrà varare uno o più decreti legislativi per determinare livelli e importi dei Lep. Mentre Stato e Regioni, una volta avviata, avranno tempo 5 mesi per arrivare a un accordo. Le intese potranno durare fino a 10 anni e poi essere rinnovate. Oppure potranno terminare prima, con un preavviso di almeno 12 mesi.