L’autonomia scolastica e ancora di più l’autonomia differenziata sono modelli scolastici che, per l’opinione di tanti docenti, si disinteressano della qualità della didattica e si interessano prevalentemente dell’aspetto politico, gestionale e amministrativo di ogni singolo Istituto.
Mentre la scuola dell’autonomia è considerata, da moltissimi docenti, una scuola verticistica dove esiste un “dominus” che è rappresentato dal Dirigente scolastico, la scuola democratica è la scuola che si ispira ai decreti delegati del 1974, in particolare al DPR n.416 del 31 maggio 1974, una scuola che mette al centro la collegialità, considerando il Preside o Direttore didattico un “primus inter pares”.
La scuola dell’autonomia ha trasformato la figura del Preside o Direttore didattico in quella del Dirigente scolastico con funzioni manageriali, si è passati dal Preside “primus inter pares” che si interfacciava con gli organi collegiali ad una figura dirigenziale che assume decisioni e tratta gli organi collegiali come luoghi di semplice informazione delle decisioni prese.
Nonostante il Testo Unico della scuola sia ancora ancorato ai decreti delegati del 1974 e anche la legge 107/2015, volta a dare maggiori poteri ai Dirigenti scolastici, abbia insistito nell’assegnare agli organi collegiali ruoli decisionali, l’azione quotidiana di non pochi Dirigenti scolastici è condotta a ridurre gli spazzi di confronto e di democrazia.
In buona sostanza, come ricorda l’art.1, comma 78 della legge 107/2015, il Dirigente scolastico svolge compiti di direzione, gestione, organizzazione e coordinamento ed è responsabile della gestione delle risorse finanziarie e strumentali e dei risultati del servizio secondo quanto previsto dall’articolo 25 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nonché della valorizzazione delle risorse umane.
È importante ricordare che tra i poteri assegnati al Ds c’è anche quello, previsto dal comma 126 dell’art.1 della legge 107/2015, di assegnare annualmente al personale docente una somma del fondo per la valorizzazione (bonus del merito) sulla base di motivata valutazione.
Nella scuola verticistica e aziendale che ormai, secondo l’opinione diffusa di tanti docenti, ha sostituto quella democratica dei decreti delegati del 1974, c’è sempre meno spazio per la didattica, emergono troppi egoismi e molti sono gli interessi legati alla gestione di ruoli di potere e di incarichi pagati con fondi di Istituto e in taluni casi i fondi europei.
A tal proposito è di rilevante interesse il pensiero espresso da Salvatore Pappalardo, Dirigente Scolastico in pensione esperto di questioni scolastiche, che dice: ” La legge di delega 477 del 2003 disegnava una scuola come comunità educante. Una comunità si dice tale quando opera ed agisce nella prospettiva di raggiungere un unico fine, nel nostro caso la formazione dell’uomo e del cittadino. Con l’autonomia la scuola anziché rafforzare il concetto di comunità ha diviso il personale ponendolo l’uno contro l’altro così i DSGA sono diventati una categoria, gli A. A. altra categoria, i Collaboratori altra ancora e i docenti addirittura divisi per ordine di scuola. Dall’infanzia al secondo ciclo”.
Qualche giorno addietro il professore Ernesto Galli della Loggia, editorialista del Corriere della Sera, durante la trasmissione televisiva “In Onda” de La7, ha detto : “L’autonomia rafforzata dei singoli Istituti è stata la rovina della scuola”. Anche Corrado Augias stigmatizza la poca attenzione che oggi la scuola dell’autonomia ha nei confronti della didattica e dello svolgimento dei programmi scolastici. Anche il filosofo Massimo Cacciari parla , in riferimento al fatto che gli alunni non sanno più scrivere in italiano, di smantellamento della scuola e in particolare dei vecchi licei.
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