Il Movimento 5 Stelle ha presentato una interrogazione, per sapere “se il Ministro non ritenga opportuno, prima di avviare progetti di sperimentazione che prevedono l’abbreviazione del percorso di studi da cinque a quattro annualità, un coinvolgimento delle Commissioni parlamentari competenti”. Alla quale il sottosegretario D’Onghia ha risposto sostenendo che “la sperimentazione dovrà garantire agli alunni, anche mediante il ricorso alla flessibilità didattica e organizzativa consentita dall’autonomia scolastica, il raggiungimento degli obiettivi specifici di apprendimento e delle competenze previsti per il quinto anno della scuola secondaria superiore”.
Risposta che in effetti dice poco, anche perché bisogna capire come verrebbero recuperate le 1023 ore mancanti da quell’intero anno scolastico soppresso.
Tuttavia la questione più delicata riguarda il fatto che altre scuole stiano chiedendo similare sperimentazione, e infatti D’Onghia ha continuato dicendo: “è in corso la fase istruttoria di valutazione per analoghe proposte presentate da altre istituzioni scolastiche, sia statali che paritarie”.
Se è vero, come sicuramente lo è, come sostiene Anief, che accorciando di un anno il corso di studio si risparmierebbero 1 miliardo e 380 milioni, che sono pari al taglio di circa 40 mila docenti oggi impegnati nelle classi quinte di tutte le superiori d’Italia, è anche vero che le richieste di ridurre di un anno la scuola superiore partono proprio dalla scuola, e non solo da quella privata, comprendibile, ma dalla pubblica-statale. Non sappiamo quante e quali siano le scuole in “lista di attesa”, come sostiene il sottosegretario, ma è chiaro che il rischio sotteso a questa manovra riguarda sia il personale, e sia gli alunni, molti dei quali andrebbero, considerato lo stato penoso del mercato del lavoro con una disoccupazione giovanile, soprattutto al sud, pari a oltre il 50%, a ingrossare le fila dei nulla facenti o della iscrizione forzata all’università o a quell’altra della strada.
Il Miur per certi versi, così come avevano anticipato l’ex ministro Profumo e poi Carrozza, fa il suo mestiere, quello cioè di tirare la cinghia il più possibile, ma che ad aiutarlo in questa operazione ci siano anche le scuole pubbliche appare paradossale.
Una simile decisione infatti, quella cioè di sperimentare per togliere un anno in un futuro alquanto prossimo, viene presa dal collegio dei docenti che in piena autonomia stabilisce un percorso che, seppure sollecitato dal ministero, può bene però essere disatteso o anche respinto con delibera unanime.
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