Nata a Genova alla fine del 2014 con 22 scuole fondatrici, oggi alle Avanguardie Educative aderisce il 15% delle scuole italiane, con 27 scuole-polo, disseminate in tutte le regioni. Delle mille scuole, 262 sono al Nord, 234 al Centro e 504 nel Sud e nelle isole; 341 sono istituti di città e 659 sono invece nella provincia; 577 appartengono al primo ciclo scolastico e 423 al secondo ciclo.
Ma cosa sono le Avanguardie Educative? L’idea è quella di smontare «il modello tayloristico della trasmissione del sapere» : ciò per cui la scuola si ripete da decenni sempre identica a se stessa. Per farlo, si è pensato di mettere in rete le migliori esperienze di chi la scuola aveva già provato a cambiarla, dal di dentro, supportandole con un progetto di ricerca-azione. Perché una scuola diversa non solo è possibile, ma esiste già. E perché l’innovazione non è il provare a fare cose diverse, ma l’esito di un sapere.
Dopo cinque anni, l’efficacia dell’innovazione ha la sua prima “valutazione d’impatto” i cui risultati sono visibili nelle prove Invalsi effettuate da 380 alunni e studenti di 34 istituti aderenti alla rete da almeno tre anni incrociati con i risultati ottenuti da scuole con analoghe caratteristiche sociali, economiche e geografiche ma non aderenti alla rete «hanno mostrato valori mediamente superiori sia in italiano che in matematica».
L’altro dato è che in quasi tutte le scuole Avanguardie educative, riporta Linkiesta, il tasso di dispersione scolastica e l’assenteismo sono stati ridotto a zero.
Avanguardie Educative nasce con 12 idee nella “Galleria delle idee per l’innovazione”, dalla ormai celebre Flipped classroom alla Didattica per scenari. Le scuole hanno iniziato ad adottarle, realizzarle e modificarle… I ricercatori Indire, nel frattempo, seguono le applicazioni e anche le loro varianti, validando quelle effettivamente innovative e coerenti con il Manifesto.
L’idea è che il percorso didattico quotidiano, lungo tutto l’anno scolastico, abbia momenti diversi: dopo l’accoglienza, dove il docente assegna un compito e dà indicazioni sul lavoro da svolgere, i ragazzi si muovono nello spazio della scuola, andando in ambienti diversi a seconda del compito.
C’è il momento per l’esplorazione e il laboratorio, quello raccogliersi, concentrarsi e lavorare da solo, quello per condividere con gli altri e anche quello per liberarsi la testa, con piccole biblioteche e zone relax nei vecchi corridoi. Portare a sistema l’innovazione quindi vuol dire cambiare gli spazi delle scuole, anche nei vecchi edifici degli anni ’60; lavorare sulla leadership dei dirigenti scolastici; disseminare una cultura dell’innovazione fra i docenti.
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