Nel testo già approvato nel mese di dicembre, alle Regioni in materia di sanità, di istruzione e di polizia locale, si dava solo una facoltà per avviare la devolution che, come è noto, attiene, oltre che all’organizzazione scolastica, alla gestione degli istituti scolatici e di formazione professionale, anche alla definizione dei programmi di interesse specifico della Regione.
Il testo diceva, infatti, che ciascuna Regione poteva "attivare, con propria legge, la propria competenza esclusiva", lasciando cioè la possibilità di attivare anche il regionalismo scolastico secondo tempi e modi propri".
Il nuovo testo, quello riscritto nell’ultima seduta del Consiglio dei Ministri, viceversa, dice che "ciascuna Regione attiva" le competenze e toglie così la possibilità di avviare il federalismo in tempi e modi differenziati.
Avanza a grandi passi, come si vede, il regionalismo scolastico. Avanza tra tanti dubbi e tante incertezze viste le differenti condizioni socioeconomiche, politiche e culturali della varie Regioni.
Qualche riflessione è d’obbligo. Già abbiamo un regionalismo sanitario. In alcune Regioni si è sicuri di guarire quando ci si ammala. In altre si rischia di non guarire. In alcune si è esenti da oneri per l’assistenza, per le visite specialistiche, per le operazioni ecc.. In altre si è soggetti a ticket o a varie tassazioni. In talune Regioni per far funzionare la sanità sono stati applicati adeguamenti all’addizionale Irpef ed Irap o si è aumentato il bollo di circolazione auto ecc.
Il regionalismo sanitario, come è sotto gli occhi di tutti, ha sortito un’assistenza disuguale tra gli Italiani.
Avverrà che si perpetueranno queste disuguaglianze anche nel campo della scuola? Il discorso ha bisogno di essere continuato con riflessioni serie per il destino futuro della scuola italiana.
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