Circa 12 milioni di studenti, dalle materne ai licei, che il 2 settembre scorso hanno varcato i cancelli delle scuole francesi dovranno confrontarsi con una serie di novità previste dalla Riforma, denominata “La Scuola della fiducia”, fortemente voluta dal Ministro dell’Educazione Nazionale, Jean-Michel Blanquer e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 28 luglio scorso.
I cambiamenti, radicali per certi versi, non sembra siano stati apprezzati da studenti, famiglie e docenti, questi ultimi non esattamente d’accordo – diremmo, meglio, piuttosto critici – nei confronti di alcune tranche della Riforma, in particolare quelle riguardanti i licei e l’esame di maturità, il Baccalauréat (Bac, nel linguaggio comune), lo storico esame le cui origini risalgono a Napoleone I Bonaparte.
Ma partiamo dalle cose apparentemente più semplici e tuttavia cariche di significati simbolici: da quest’anno ogni aula esporrà la bandiera francese e quella europea, il motto della Repubblica Francese, Liberté, Egalité, Fraternité, e il testo dell’inno nazionale. Insomma, identità sì ma anche convinta appartenenza all’Unione Europea.
Viene, poi, ufficialmente abbassata a tre anni di età l’inizio della scolarità obbligatoria, prima a 6 anni. Vero è che, nei fatti, circa il 97% dei bambini francesi era iscritto in una scuola materna anche prima della riforma, ma l’ufficializzazione dell’istruzione obbligatoria a tre anni lancia un messaggio a tutte le famiglie: la materna non è più una nursery ma un istituto scolastico vero e proprio il cui ruolo diventa essenziale per lo sviluppo della persona e dei saperi fondamentali.
Altri provvedimenti sono previsti per lottare contro la violenza nei licei, soprattutto nelle periferie urbane, e per sviluppare una sempre maggiore sensibilità riguardo ai temi ambientali.
Veniamo adesso alle misure che hanno provocato delle vere e proprie levate di scudi da parte di tutte le componenti della scuola: riforma dei licei e degli esami di Stato conclusivi del secondo ciclo di istruzione, il Bac. Poiché il sistema scolastico francese è molto diverso rispetto al nostro, occorrerà una breve premessa: tutti i licei (generale, tecnologico e professionale) prevedono tre anni di corso, uno uguale per tutti (la Seconde) e due di specializzazione (la Première et la Terminale).
I licei generali offrono tre grandi indirizzi : L (littéraire, una sorta di nostro liceo classico), S (scientifique, il più prestigioso, come il nostro liceo scientifico), ES (Economique social, che somiglia ai nostri licei delle scienze umane ed economico sociale). Alla fine della Seconde, dunque, gli studenti sceglievano la loro opzione e proseguivano fino alla maturità. Da adesso non sarà più così: scompaiono i tre indirizzi e, alla fine della Seconde, ogni alunno potrà scegliersi un percorso individualizzato, à la carte. Come?
Selezionando tre materie di indirizzo a sua scelta all’interno di una lista di dodici (matematica, fisica, scienze economiche, arte, storia geografia e scienze politiche…) che si andranno a sommare alle sette previste dal tronco comune di cultura generale ( francese, filosofia, due lingue straniere, educazione fisica e sportiva…) . Alla fine della Première, gli studenti dovranno mantenere due delle tre materie scelte, che saranno oggetto di esami alla maturità.
“Il Ministro aveva promesso che ogni alunno avrebbe potuto scegliere il proprio percorso individualizzato, superando così i paletti predefiniti dei vari indirizzi. Ebbene, non è proprio così – ci dice la professoressa Marie Werquin, docente agrégée di inglese nelle classi preparatorie alle Grandes Ecoles nel prestigioso liceo Clémenceau di Reims – perché non tutti gli Istituti hanno offerto questa possibilità agli studenti. In alcuni casi, gli alunni sono stati “obbligati” a scegliere delle triplette consigliate per motivi legati agli organici, se non addirittura a esprimere una quarta materia desiderata. Ma la vera domanda che si pone è una: come faranno le università a calibrare le proprie offerte formative rispetto a un’infinità di profili diversi in uscita dai licei?”
E veniamo alla riforma del Bac. Gli alunni di Première saranno i primi a sperimentarla: il 40% del voto finale che otterranno nel 2021, alla fine della Terminale, sarà determinato, infatti, dai risultati delle prove di geostoria, lingue, matematica, scienze, che sosterranno nel corso di quest’anno scolastico. L’anno prossimo aggiungeranno il restante 60% con le prove di francese, filosofia, le due materie di specialità (scritte) e di un orale generale.
“Anche in questo caso – aggiunge la professoressa Werquin – i problemi non mancheranno: tra la Première e la Terminale gli alunni sosterranno almeno una ventina di prove intermedie. Lasciamo stare l’enorme mole di lavoro alla quale saranno sottoposti, il vero problema è che, con la riforma, le prove non saranno corrette da professori esterni, com’era prima, ma dagli stessi professori del liceo. Addio al diploma nazionale, uguale per tutti, temo proprio che si apriranno scenari inauditi di disuguaglianze e di estrema competitività tra i vari licei”.
A dicembre scorso, sulla scia dei gilets jaunes, è sorto in Francia il gruppo Facebook stylos rouges, cinquantamila adesioni in trenta giorni, professori scontenti che rimproverano al ministro Blanquer di essere sordo alle loro rivendicazioni, rivalorizzazione della funzione docente e adeguamento degli stipendi in testa. “A questo proposito – conclude la professoressa Werquin – il ministro ha spacciato come suo provvedimento il recente aumento di 300 euro annui ai docenti. In realtà si tratta di una misura già presa durante il precedente governo Hollande e strombazzata dalla stampa. Ma se andiamo a fondo, si tratta di una cifra lorda, annua, che di fatto non arriva a una ventina di euro in più al mese”.
Insomma, sembrerebbe quasi che la recente moda di attribuire un nome proprio alle leggi (La Scuola della fiducia, La Buona Scuola…) non sia esattamente una scelta vincente.