In questi giorni non si parla d’altro: la serie tv “Avetrana – Qui non è Hollywood” sull’omicidio della giovane Sarah Scazzi nel 2010, che doveva essere pubblicata sulla piattaforma Disney+ domani, 25 ottobre, è stata bloccata dai giudici dopo un ricorso portato avanti dallo stesso Comune pugliese.
Almeno per ora, quindi, la miniserie non andrà in onda, anche se tutto lascia presagire l’avvicendarsi di un groviglio di decisioni legali e battaglie tra giudici e avvocati. A deciderlo il Tribunale di Taranto, che ha emesso il provvedimento di sospensione cautelare che blocca la trasmissione della fiction, come riporta Il Corriere della Sera.
Il giudice che ha emesso il provvedimento ha, inoltre, fissato l’udienza di comparizione delle parti al 5 novembre. Il sindaco di Avetrana Antonio Iazzi ha presentato il ricorso d’urgenza ex articolo 700 al tribunale chiedendo: la sospensione immediata della messa in onda e la visione preliminare della serie per “appurare se l’associazione del nome della cittadina all’adattamento cinematografico susciti una portata diffamatoria rappresentandola quale comunità ignorante, retrograda, omertosa, eventualmente dedita alla commissione di crimini efferati di tale portata, contrariamente alla realtà” e la rettifica del titolo.
Nel ricorso, il sindaco rivendica, in particolare, “rispetto per la comunità e una giusta connotazione”, osservando che la notorietà di Avetrana debba piuttosto discendere dai tesori storici e artistici che ospita. Insomma, si tratta di una questione di prestigio e reputazione.
A commentare la vicenda, sempre allo stesso quotidiano, è stato il giornalista e conduttore Massimo Gramellini, molto polemico. “Ma si può diffamare un paese intero? Prendiamo atto che non si può più dire niente nemmeno sui luoghi. Degli esseri umani era già sconsigliato parlare da tempo: se scrivi che un difensore falloso è un macellaio, si offendono i macellai, e se dici che quel calendario di nudi è da camionisti, insorge il sindacato di categoria. Tutti vorremmo essere ricordati solo per i nostri tesori artistici e storici”, ha esordito.
Ed ecco un excursus letterario: “Eppure, Parigi non esce benissimo dai romanzi del suo cantore Victor Hugo (e se parlar male di un luogo fosse anche un modo per eternarlo?). Poi ci sarebbero la Roma di ‘Romanzo Criminale’, la Napoli di ‘Gomorra’ e la New York dei film di Scorsese: per il tribunale, forse, avrebbe fatto meglio a chiamarla Gotham City.
“Oggi si manderebbero al macero ‘I promessi sposi’ per aver descritto i milanesi come creduloni isterici: ‘Dagli all’untore!’. E che nessuno diffonda i testi di quel rapper insolente (‘Ahi serva Italia, di dolore ostello — nave sanza nocchiere in gran tempesta — non donna di provincie ma bordello’). Uno così, che manca di rispetto a un’intera nazione, meriterebbe di finire all’Inferno”, ha concluso.
Insomma, la questione della censura e della cosiddetta “Cancel Culture” è all’ordine del giorno. In molti si lamentano, come Gramellini, di non poter più dire niente. C’è però da fare una distinzione: l’adozione di un linguaggio rispettoso e inclusivo, ad esempio, è sicuramente un passo avanti per la società.
Cosa diversa è la censura di un prodotto cinematografico, o comunque culturale, perché offende qualcuno o qualcosa. Le opere letterarie del passato, ad esempio, vanno cancellate perché irrispettose? O ridimensionate? O, semplicemente, spiegate? La questione, ovviamente, è di grande interesse anche per i docenti e la loro organizzazione dei contenuti delle lezioni.
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