L’ex ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina, oggi dirigente scolastica Biella e madre del piccolo Leonardo, nato a giugno, ha rilasciato un’intervista a La Repubblica in cui ha riflettuto sul suo passato in politica nelle fila del Movimento 5Stelle e da ministra.
Azzolina ha parlato innanzitutto del passaggio da docente a politica: “In parte è stato un salto traumatico, facevo una vita molto genuina mentre la politica è un po’ diversa. Ho un carattere leale ma non fideistico: quando ti tocca dire una cosa mentre invece ne pensi un’altra non è semplice”.
Ed ecco com’è stato per lei il ritorno a scuola: “È stato un ritorno a casa. Qualcuno mi ha chiesto se è stato traumatico e dico no, a me piace quello che faccio. La scuola è una passione e le devo tutto, vengo da una famiglia umile: l’istituzione scolastica è stata un’ascensore sociale e il dramma odierno è che non lo è più per tutti, non ha il ruolo che costituzionalmente dovrebbe avere”.
E, sul rapporto con i docenti della scuola che dirige: “In effetti è qualcosa di strano, non so se è mai accaduto qualcosa del genere. Comunque all’inizio erano un po’ timorosi, forse si aspettavano una persona più formale, fredda. Appena arrivata ho detto a tutti ‘datemi del tu’ e, insomma, qualcuno se ne è un po’ stupito. Fondamentalmente credo in una leadership diffusa e in un ambiente di lavoro disteso, è così che si tira fuori il meglio dagli altri. Mi hanno chiesto molte cose, volevano capire qualche retroscena, ciò che insomma non si coglie da fuori. Ho provato a spiegare che in politica, come ovunque, ci sono persone perbene e altre meno. E che la politica non va demonizzata”.
Immancabile un commento sulla questione banchi a rotelle: “Quella è stata una storia di lurida propaganda politica. Ogni scuola ha scelto i banchi che voleva, c’era libertà di farlo. Sono stati consegnati 400mila banchi a rotelle e 2 milioni tradizionali. Quei banchi tanto discussi, e in maniera così strumentale, erano figli di un modello didattico diverso, diffuso nel nord Europa, dove c’è interazione, mobilità, non un approccio passivo all’insegnamento. Comunque, a Siracusa sì, ce n’erano una ventina”.
Azzolina crede di aver attirato molte critiche in quanto donna: “Lo dico a malincuore, ma sì: donna, giovane, del Sud e, all’epoca, del M5S. Le avevo tutte. Sul mio rossetto rosso hanno scritto tante oscenità. Pensare e dire, ancora oggi, come hanno fatto tanti, che le donne arrivino a ruoli di potere non per capacità ma per altro è davvero avvilente”.
“Io ho cercato di non perdere di vista la scuola vera, ma è vero che dalla stanza di un Palazzo il rischio si corre. Allora tentai di incontrare sempre non solo i sindacati ma anche le associazioni dei genitori e degli studenti, e avevo una squadra di presidi da tutta Italia che dava una mano e segnalava criticità ed esperienze. Mi è dispiaciuto non girare le scuole come avrei voluto: ho fatto la ministra sempre in periodo Covid”, ha aggiunto.
Ecco un bilancio del suo operato: “Errori che non rifarei? Quelli di comunicazione. Non sono intervenuta quando avrei dovuto farlo, quando le offese erano tante. Forse mi hanno capita di più alcuni studenti, meno gli adulti. Non sono riuscita ad essere empatica come avrei voluto: oggi mi dicono ‘ma adesso sorridi di più’ – allora come facevi, con tutti quei morti. Dopo un mese da ministra dovemmo dire al Paese che chiudevano le scuole: non c’era da ridere ma da piangere. In quel periodo però finì la stagione dei tagli, fondi ottenuti anche battendo i pugni sul tavolo in Consiglio dei ministri. Non tutti erano d’accordo”.
“Se la scuola italiana è in buone mani? Giudichino docenti, ragazzi e famiglie: non mi faccia dire altro”, ha concluso l’ex ministra.
Azzolina, nonostante al momento sia lontana dalla politica, è sempre vicina al mondo della scuola: pochi giorni dopo la nascita di suo figlio si è rivolta pubblicamente al ragazzo, anonimo, che, dopo essere stato bocciato, ha scritto una lettera alla scuola in cui ha espresso tutta la sua amarezza e disillusione.
Ecco le parole dell’ex grillina: “Caro ragazzo, Ti scrivo non in qualità di ex ministra e nemmeno come dirigente scolastica o come insegnante, perché delle mie prediche sono sicura che non sappia cosa fartene e perché non è dell’esercizio dell’autorità o, peggio, del giudizio di un’adulta che hai bisogno in questo momento. Semplicemente, ho letto la tua lettera e mi ha fatto riflettere. Sicuramente, da neo mamma, un giorno dovrò confrontarmi anch’io con le delusioni scolastiche di mio figlio. Da docente ne ho visti di casi del genere, ma dalla nuova prospettiva che la vita mi ha regalato inizio a sentirmi ancora più vicina e allora ti scrivo sperando che tu voglia ascoltare qualche parola disinteressata. Penso che ogni aspettativa per un futuro migliore, con annessa speranza, potremo realizzarla solo se come famiglia e come scuola assumeremo tutti la responsabilità della comprensione, della valorizzazione della personalità di ciascuno. Nella tua lettera struggente e piena di rabbia, rivolta a una scuola che, a tuo dire, ti ha rifiutato e considerato alla stregua di un numero, spegnendo progressivamente la tua curiosità e la tua passione, affermi perentoriamente: ‘Poi… Giuro, butto questa maledetta penna e non scrivo mai più, basta racconti, basta poesie, basta saggi e argomentazioni, che ovviamente paiono belli solo a me! Basta sperare inutilmente!’”.
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