È stato appena scalzato dalla presidenza della VII commissione di Palazzo Madama, ma in pochi giorni è tornato più combattivo di prima: il passaggio di mano Riccardo Nencini (Psi-Iv) non ha scalfito la combattività politica di Mario Pittoni, responsabile del dipartimento Scuola della Lega. Il leghista, molto vicino all’ex vice-premier Matteo Salvini, è tornato a vestire il ruolo che probabilmente gli si addice di più: quello del “picconatore”.
Pittoni, si aspettava di lasciare la commissione Istruzione del Senato?
Certamente le probabilità di passare la mano erano alte, visto che ero un presidente di minoranza. Dopo la compattezza mostrata dalla maggioranza nel voto a un provvedimento criticatissimo come il decreto Scuola pur di salvare la poltrona, sapevo di poter al massimo aspirare alla vice presidenza e quella è arrivata.
Anche perchè le presidenze sono state tutte cambiate: alla Camera è mutata anche quella Cultura del grillino Luigi Gallo.
Non tutte. Al Senato, nelle commissioni Agricoltura e Giustizia, sono stati confermati miei colleghi delle Lega. La maggioranza è stata molto attenta che non succedesse anche in commissione Cultura: avevano concordato di assegnarla a Italia Viva, insieme ad altre tre. E il giorno dopo Matteo Renzi ha deciso di votare per il processo a Salvini…
Quindi è deluso?
A dire il vero non mi sono mai preoccupato di come sarebbe andata a finire. Ho il mio modo di fare politica: diretto, cerco di guardare alla sostanza più che alla forma. Praticamente il contrario di quanto fa il Movimento 5 Stelle, che gioca tutto sulla comunicazione. Chi è attento capisce comunque dove sta la concretezza e alla fine ti premia nei commenti.
Quali commenti?
Basta leggere i tanti messaggi di affetto e di stima che ho ricevuto, da tantissimi docenti e dipendenti della scuola, anche per essere stato comunque eletto vice presidente della commissione Cultura al Senato. Ho comunque in lavorazione una serie di progetti che potrebbero risultare decisamente importanti per la scuola, che a tempo debito renderò pubblici
Però i 5 Stelle nelle ultime elezioni hanno avuto molti più voti della Lega: stanno al governo e hanno anche il ministero dell’Istruzione.
E allora? Se fanno male, dobbiamo stare zitti? Tutti i sondaggi dicono che da tempo molti italiani si sono ricreduti e sul M5S hanno aperto gli occhi. Non parliamo poi dell’operato del ministro Azzolina, che si è rimangiata praticamente la totalità degli impegni elettorali e della cui inadeguatezza parlano i fatti.
Cosa intende?
Non c’è fronte su cui Azzolina abbia dimostrato di saper risolvere i problemi. A partire dal precariato. Nega l’assunzione a persone che fanno questo mestiere anche da decenni e che alla luce del record di posti vacanti potevano essere individuate per un anno di formazione-prova, al termine del quale garantire la stabilizzazione.
Certo, il Coronavirus non l’ha aiutata…
Al contrario: può essere un’opportunità. Ma serve visione politica. Cosa che sembra totalmente mancare alla titolare dell’Istruzione. In particolare non conosce il significato delle parole “ascolto” e “dialogo”. Si è inimicata praticamente tutti. E i sindacati, non caso, la incolpano di fare solo passerelle.
Ci fa qualche esempio pratico?
I numeri parlano chiaro: abbiamo una quantità di precari mai raggiunta, anche tra gli Ata; si continua a trascinare il problema dei docenti di religione; le immissioni in ruolo non copriranno neanche i pensionamenti; ha “dimenticato” di stabilizzare figure professionali che hanno dato tanto alla scuola e fondamentali per la “sopravvivenza” del sistema come i Dsga facenti funzione; e la ripresa delle lezioni a settembre è ormai vicina ma rimane un rebus.
Però converrà che Lucia Azzolina ha avuto in eredità un ministero dell’Istruzione complicato e irto di ostacoli?
Certamente, solo che il suo compito era di risolvere i problemi. Non crearne di nuovi. Anche a livello comunicativo, da un mese non fa altro che ripetere le stesse cose. Non è con gli slogan che superi le difficoltà.
Quali slogan?
Quelli sull’inizio dell’anno scolastico fissato al 14 settembre, sull’acquisto dei banchi monoposto, sul rientro in classe che a suo dire sarebbe sotto controllo, sugli accordi per creare nuovi spazi, sulla disponibilità degli insegnanti necessari e sulle nuove Graduatorie provinciali per le supplenze
Però le Gps potranno tornare utili e poi Azzolina ha avuto il merito di digitalizzare il sistema. Almeno questo lo ammette?
Se vuoi strafare e non dai il tempo di collaudare il nuovo sistema, ti ritrovi – come sta succedendo – con problemi seri, emersi già in fase di presentazione delle domande. L’introduzione delle Gps andava rimandata, come da noi più volte suggerito: nell’attuale fase ci si doveva limitare ad aggiornare le graduatorie d’istituto introducendo un regime transitorio.
Come andrà a finire?
Che a settembre i nodi verranno al pettine. E il disastro di gestione, a quel punto, sarà compiuto. Basti pensare alle ripercussioni delle Gps non ancora pronte: le nomine dei supplenti si andranno probabilmente a realizzare con le vecchie graduatorie e con le Mad. Per poi rifare tutto in autunno, cambiando centinaia di migliaia di docenti precari. Inoltre saranno pochissime le immissioni in ruolo. Le conseguenze ricadranno sulle spalle di alunni, famiglie e personale scolastico.
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