Molto belle le parole della nuova Ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, dopo aver prestato giuramento. «Ho giurato come Ministra dell’Istruzione nelle mani del Presidente della Repubblica», ha annunciato la neoministra.
E ha proseguito: «Da oggi comincia un lavoro nuovo al Ministero. Cambia il ruolo, aumentano le responsabilità, ma lo spirito è lo stesso: ascolto, determinazione, passione per un mondo che sento mio. E una convinzione: la Scuola italiana funziona. Va migliorata, non stravolta. La Scuola ha bisogno di cura, semplificazione, rapidità nelle decisioni, visione. E di concretezza».
Sul proprio profilo Facebook, Lucia Azzolina ha elencato dieci punti dai quali intende partire nella propria azione ministeriale: concorsi per gli insegnanti (con bandi per Scuola dell’infanzia e Primaria, Secondaria, docenti di religione); provvedimenti attuativi del decreto scuola (nuovo regolamento per velocizzare la chiamata dei supplenti); rinnovo del contratto; sostegno; esami di Stato di Secondo Grado; educazione civica; velocizzazione della spesa per l’edilizia scolastica (perché «i fondi ci sono»); innovazione didattica; formazione e valorizzazione del personale (anche ATA, «sempre troppo poco considerato»); sburocratizzazione. Parole che suoneranno indubbiamente come musica per molti insegnanti e lavoratori della Scuola.
Nessun accenno però alla pressante richiesta di ulteriori finanziamenti che spesso era stata rivolta al Governo dal precedente Ministro, Lorenzo Fioramonti. «I fondi ci sono». Eppure gli edifici scolastici cadono letteralmente pezzi. Ed è giusto che, in uno dei Paesi più industrializzati e ricchi del pianeta, un diritto fondamentale come quello della sicurezza a Scuola sia garantito da fondi pubblici a carico della fiscalità generale. Eppure le richieste di Fioramonti non sono state prese in considerazione. Davvero è solo questione di velocizzazione della spesa?
Non parliamo poi del problema del sovraffollamento delle aule. Come si può individualizzare l’insegnamento e aiutare gli alunni in difficoltà in classi di 30 alunni, afose d’estate e gelide d’inverno (per la necessità di aprire le finestre onde non soffocare)?
Si dà il caso, però, che la Repubblica Italiana, malgrado la sua bellissima Costituzione, sia anche uno dei Paesi europei che meno spendono per Scuola ed istruzione: 3,9% del PIL nel 2016 rispetto alla media dell’Unione Europea del 4,7%; 7,9% della spesa pubblica totale, mentre la media europea è il 10,2%.
In Italia alcuni diritti fondamentali (tra cui quello all’istruzione) non sono sempre garantiti, e ciò avviene per mancanza di finanziamenti: quasi fosse normale non garantire un diritto.
Ebbene: siamo proprio sicuri che l’insediamento della nuova Ministra a Viale Trastevere garantirà un’inversione di tendenza rispetto agli orientamenti dell’ultimo rovinoso trentennio? Da Sottosegretaria, Azzolina ha sostenuto il “Sillabo per l’educazione all’imprenditorialità”.
Scelta infelice della parola a parte (finora per “Sillabo” si era sempre inteso il documento pubblicato da Pio IX nel 1864 per stigmatizzare gli “errori” dell’età moderna tra cui la laicità dello Stato), colpiscono le dichiarazioni programmatiche: «Le scuole saranno accompagnate nella costruzione di percorsi strutturati per dare a studentesse e studenti la capacità di trasformare le idee in azioni attraverso la creatività, l’innovazione, la valutazione e l’assunzione del rischio, la capacità di pianificare e gestire progetti imprenditoriali».
Perché? Ce le chiede l’Europa: «Sviluppare le abilità imprenditoriali – definite dalla Commissione Europea con la Comunicazione 2012 “Ripensare l’istruzione: investire nelle abilità in vista di migliori risultati socioeconomici” e rinnovate nella Comunicazione 2016 “A new skills agenda for Europe” – condividendo l’idea che le competenze di imprenditorialità possano affiancare le competenze disciplinari, per far sì che i giovani diventino cittadini attivi, creativi e dotati di spirito di iniziativa».
Neoliberismo, dunque, puro, semplice ed ideologicamente dogmatico, come quello dei governi precedenti (e che nemmeno Fioramonti aveva messo in discussione) nell’ultimo trentennio. I mali della Scuola italiana (ammalata di genuflessione cronica ai modelli ideologici anglobalizzanti) continueremo a curarli con gli stessi farmici che la stanno uccidendo. Senza peraltro finanziarla.
Buona fortuna, Scuola.
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