La ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina prende le distanze dalla decisione dell’Usr Veneto di avviare un procedimento disciplinare verso Alfonso D’Ambrosio, dirigente scolastico dell’Istituto comprensivo di Lozzo Atestino, Cinto Euganeo e Vo’, il paese in provincia di Padova che ha avuto la prima vittima per Covid. Il preside è finito da pochi giorni nel mirino del suo Ufficio scolastico, perché aveva postato 16 messaggi critici (ma scritti in modo civile) proprio verso l’operato della titolare del MI.
Il preside: un atto vile
“Volete la morte di un uomo? Ci siete riusciti. Il mio numero lo ha, e per questo mi appello alla sua clemenza”, aveva detto il preside campano rispondendo a La Repubblica rivolgendosi alla Ministra. E definendo la contestazione presentatagli “una pietra enorme sulla mia vita” perché ha “sempre cercato di portare avanti il dialogo” e “senza offendere mai nessuno”.
“Cara ministra, io nella scuola ci credo e ho sempre portato rispetto per i miei superiori. Ma, mi permetta, considero questo gesto un atto vile, un attacco alla libertà di espressione”, ha puntualizzato il capo d’istituto.
La lettera-risposta della ministra Azzolina
Tempo ventiquattr’ore e la ministra Lucia Azzolina ha risposto al preside. Mettendosi sostanzialmente dalla sua parte.
In una lettera indirizzata proprio al dirigente Alfonso D’Ambrosio, la numero uno del dicastero di Viale Trastevere ha scritto di essere “fermamente convinta, come Ministra e, ancor prima, come cittadina e come insegnante, che la libertà di manifestazione del pensiero debba essere sempre tutelata, come sancito dalla nostra Costituzione all’articolo 21: ciascuno di noi deve poter esprimere il proprio pensiero”.
Il precedente di Marco Bussetti
Poi, Azzolina ha tenuto a ricordare la normativa. La stessa che ha impedito all’ex ministro Marco Bussetti di cancellare la sospensione di 15 giorni, con tanto di sottrazione dello stipendio, della professoressa palermitana Rosa Maria Dell’Aria, rea di non avere fatto nulla per non far pubblicare dai suoi studenti elaborato che paragonava l’operato di Hitler con i decreti del premier Matteo Salvini sulla sicurezza. Una vicenda che si è chiusa, peraltro, solo alcuni giorni fa con il giudice che ha dato piena ragione alla docente.
L’amministrazione non lede i diritti
Sempre nella missiva indirizzata al preside in servizio a Cinto Euganeo e Vo’, la ministra Azzolina scrive ancora: “Come anche Lei sa, i procedimenti disciplinari, secondo quanto previsto dalla normativa vigente, sono avviati autonomamente dall’Amministrazione e non dal vertice politico, che non può e non deve intervenire nel merito”.
La responsabile del dicastero dell’Istruzione, dopo avere assicurato che la vicenda “potrà essere chiarita nella sede deputata”, tiene a far intendere che non ha alcuna intenzione di prendere posizione sulle contestazioni al preside: l’amministrazione scolastica centrale non deve “mai ledere i diritti e la dignità altrui. È un principio che la scuola italiana, quale straordinaria comunità educante e infaticabile anticorpo contro ogni forma di violenza e odio custodisce e valorizza ogni giorno”. L’Usr del Veneto non è citato, ma la presa di distanza per quanto è stato deciso dai dirigenti appare chiarissima.
La replica del preside
Stringatissima è stata la replica di Alfonso D’Ambrosio: “Sono certo che tutto si chiarirà nelle sedi opportune”, si è limitato a dire il dirigente scolastico dell’Istituto comprensivo di Lozzo Atestino, nel padovano.
Cosa accadrà ora? Il procedimento disciplinare, motivato da ben quattro pagine di testo, farà il suo corso.
Soprattutto bisognerà capire fino a che punto un dipendente pubblico, ma in particolare un dirigente statale, nei cui confronti l’amministrazione attua anche un rapporto di tipo fiduciario, può spingersi a formulare critiche pubbliche verso l’operato del proprio Ministero e della propria Ministra. Una circostanza che il Testo Unico della scuola, risalente al 1994, ma non solo, continua comunque a limitare fortemente.
Anche se è presto per dirlo, non è da escludere che se il preside dovesse essere sanzionato anche questa vicenda potrebbe avere una “coda” in tribunale: la sede probabilmente più “deputata” (come ha scritto la Ministra) per stabilire se un dipendente pubblico può o non può esporre civilmente dei pensieri (seppure critici) su facebook nei confronti di chi governa la propria amministrazione.