È una storia che arriva dalla Macedonia del Nord: una bambina di 11 anni, affetta da sindrome di Down, Embla Ademi, è stata vittima di maltrattamenti e di atti di bullismo, ma il dramma non passa inosservato ai vertici dello Stato. Il presidente della Repubblica macedone, Stevo Pendarovski, si è recato a casa della giovane studentessa per esprimere solidarietà e in seguito l’ha accompagnata a scuola, immagini che hanno fatto il giro del mondo.
“È inaccettabile minacciare e mettere in pericolo i bambini, soprattutto quando sono affetti da problemi fisici e deficienze nello sviluppo,” ha dichiarato Pendarovski.
“Oltre a godere degli stessi diritti dei loro coetanei – ha aggiunto – bambini con tali problemi devono potersi sentire uguali agli altri ovunque, anche a scuola”.
Come si combattono il bullismo e il cyberbullismo a scuola? Facendo rete. Questo il principio della legge 71 del 2017, una legge di diritto mite, partecipativo che tende a vedere nella scuola il centro propulsore di un sistema di governance più generale che riguarda un’alleanza educativa che comprende i servizi territoriali e le amministrazioni locali”. È quanto ci spiega nel corso dell’appuntamento della Tecnica della Scuola Live, la senatrice Elena Ferrara, prima firmataria della legge 71 del 2017.
Particolarmente insidioso il cyberbullismo, ci ricorda la senatrice Ferrara, e spiega: “Nel bullismo informatico il 50% delle vittime è anche bullo. Quello che non abbiamo, se non in modo marginale, nel bullismo tradizionale, si verifica invece in rete. In rete è molto facile trasformarsi in autori di condotte di prevaricazione, di umiliazione, di atti di esclusione”.
“Vanno salvati da certe condotte sia i bulli, quindi gli autori – che sono anche ragazze – sia le vittime,” perché nel mondo digitale basta sbagliare una volta per rovinare la propria vita e quella degli altri.
In altre parole, mentre nel bullismo tradizionale, le vessazioni sono continue da parte di un bullo e testimoniano una certa volontà di prendere di mira una vittima, nel cyberbullismo, di norma, non c’è reiterazione di reato. Il reato lo si commette una volta sola, alle volte per superficialità e leggerezza, ma è la rete stessa a reiterarlo e a moltiplicarlo in modo esponenziale. Ecco perché smartphone e social sono talmente pericolosi e insidiosi. Ed ecco perché – insiste la senatrice Ferrara- il punto non è tanto punire quanto prevenire.
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