Cellulari e bambini, un fenomeno che preoccupa educatori e genitori per i tanti effetti negativi della sovraesposizione dei mezzi digitali soprattutto in età prescolare.
Mentre in Italia fa discutere (TDS) il provvedimento del Ministro Valditara che vieta ogni tipo di uso del cellulare in classe per le scuole elementari e medie, a livello Mondiale prolificano i movimenti che vorrebbero eliminarne l’utilizzo anche durante il giorno.
In particolare, uno di questi movimenti è nato in Inghilterra per iniziativa di Daisy Greenwell, 40 anni, giornalista, da Woodbridge nel Suffolk, e Clare Fernyhough, psicologa, entrambe madri di bambini piccoli, che dopo aver creato un gruppo WhatsApp per discutere su come tenere bada le richieste di smartphone da parte dei loro figli, hanno cominciato a condividere e pubblicare idee e azioni su Instagram e rapidamente altri genitori hanno voluto partecipare. Oggi il loro gruppo, che hanno chiamato “Smartphone-Free Childhood”, conta più di 60.000 seguaci che discutono su come tenere i loro figli lontani il più possibile dai dispositivi. Un successo clamoroso che conferma quanto il tema sia molto caro alla sensibilità dei genitori. Ma anche vari rapporti e studi in diversi Paesi confermano la necessità di regolamentare l’accesso dei bambini ai dispositivi digitali.
Nel suo studio annuale sul rapporto dei bambini con i media e il mondo online, l’Ofcom (l’autorità indipendente cui è affidata nel Regno Unito la regolamentazione del settore delle comunicazioni) ha affermato che la percentuale di bambini di età compresa tra i cinque e i sette anni che utilizzano i servizi di messaggistica è salita dal 59% al 65%. (fonte Agenda Digitale), mentre invece il numero di bambini che utilizzano i social media è passato dal 30% al 38%, poco più del 40% ha dichiarato di giocare online, rispetto al 34% dell’anno precedente. Numeri in forte crescita, dunque che devono far riflettere e trovare soluzioni comuni a livello mondiale.
Altro aspetto rilevante del rapporto di Ofcom sono i dati che portano all’attenzione la mancanza di cultura e di conoscenze appropriate da parte dei genitori, solo un terzo dei genitori conosce infatti, l’età minima richiesta per la maggior parte delle piattaforme di social media e l’autorità di regolamentazione ha affermato che i genitori sono anche meno disposti a far rispettare le regole che conoscono.
Tre genitori su dieci sembra siano disposti a permettere a un bambino di 5-7 anni di avere un profilo sui social media anche se non è quella l’età minima consentita per le app, con un aumento dei casi rispetto allo scorso anno.
Secondo i dati riportati da “pagine mediche”, “già dalla fascia di età tra i 10 e gli 11 anni la maggior parte dei giovani adolescenti possiede uno smartphone e l’esordio sui social avviene proprio nella fascia under 10, nonostante teoricamente sia prevista un’età minima di accesso”.
Entrare nel mondo dei social in età molto piccola si porta dietro un enorme rischio in quanto “la percezione del pericolo e degli aspetti negativi e reali delle proprie azioni potrebbe essere sottostimata proprio a causa della mancanza di esperienza data dalla giovanissima età e dalle limitate competenze digitali”.
Aumenta il senso di insicurezza e fragilità, si manifestano complessi fenomeni legati a uno stato di alienazione che allontana tutti dalla realtà concreta per vivere in un contesto virtuale, insidioso, complicato da gestire in particolar modo quella fascia di età.
Inoltre, altro aspetto da non trascurare sono gli effetti derivanti dall’uso eccessivo delle nuove tecnologie che può portare in alcuni casi ad una vera e propria dipendenza da social.
I meccanismi che causano la dipendenza da social network da un punto di vista neurobiologico sono dovuti alla produzione di dopamina, il neurotrasmettitore del piacere stimolato dal meccanismo dei like, delle foto, delle interazioni. Da un punto di vista psicologico si è attratti dalla voglia di mettersi in mostra per poter ricevere feedback capaci di influenzare positivamente o negativamente il proprio umore e difficilmente si riconoscono e si è in gradi di porsi dei limiti quando si hanno 10 anni.
Un altro effetto da non trascurare sono gli impatti delle challenge dei social in particolar modo TikTok il più popolare in quella fascia di età, dove lo scopo dei partecipanti è il continuo superamento di obiettivi e sfide anche in contesti pericolosi per la propria salute. Simulare tali sfide per i più piccoli considerando la fragilità legata al periodo di crescita può portare i bambini a compiere atti di autolesionismo senza averne la consapevolezza.
In conclusione, per far in modo che il digitale diventi uno strumento utile anche ai fini apprendimento e di socializzazione senza che venga semplicemente negato e vietato è fondamentale promuoverne un uso consapevole, tale processo deve coinvolgere in primis i genitori, ma anche insegnanti ed educatori in generale e ovviamente i bambini.
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