Alcuni giorni fa, a Roma è stato presentato il volume "Play&Game – Bambini e computer fra gioco e scuola" (pagg. 172 – euro 12,00), pubblicato dalla Edup e curato da Amedeo Pistolese e Sandro Scalabrin.
L’incontro ha rappresentato un’occasione per chiedersi se l’applicazione delle nuove tecnologie e dell’informatica rispetta il punto di vista del bambino in quanto portatore di diritti e di una propria visione del mondo.
L’educazione informatica così come è attualmente impartita, riflette i bisogni formativi dei bambini? Il libro "Play&Game" riporta diversi pareri, tra cui quelli di Mario Morcellini, direttore del Dipartimento di Sociologia e Comunicazione dell’Università "La Sapienza" di Roma, e di Salvatore Cinà, direttore dell’INValSI, già provveditore agli studi di Grosseto e di Napoli.
Il volume contiene una ricerca progettata da "Ubi Minor", cooperativa sociale impegnata in attività di studio sui temi della promozione dei diritti dei bambini, e avviata in collaborazione con la cattedra di Teoria e tecniche dei nuovi media dell’Università "La Sapienza" di Roma. L’indagine parte proprio dalla verifica del rispetto del punto di vista del minore e vede coinvolto un campione di oltre 1.400 alunni che frequentano alcuni circoli didattici del Comune e della Provincia di Roma. Nel libro si evidenzia l’opposizione fra il modo in cui i bambini, da una parte, e genitori e docenti, dall’altra, intendono gli aspetti ludici e formativi delle applicazioni informatiche. La scuola prende consapevolezza delle numerose difficoltà che incontra nel pianificare l’accrescimento delle competenze informatiche dei bambini dovute alla mancanza di adeguate risorse strutturali e sicure regole etico-educative. L’accesso all’uso del computer ed a livelli più evoluti della conoscenza informatica è così determinato principalmente dalle condizioni socio-economiche e culturali della famiglia mentre i mass-media influenzano maggiormente la rappresentazione dei possibili usi del pc da parte dei bambini. E tra gli studenti dei centri periferici e i loro coetanei del contesto urbano, sono i primi, a mostrare maggiore dimestichezza e propensione nei campi d’esperienza presi in considerazione dalla ricerca.
Ascolta subito la nuova puntata della rubrica “Educazione in Evoluzione” tenuta da Matteo Borri dal titolo: “Ma (a che) serve…
Vendicarsi con i docenti, considerati troppo severi, fotografando la targa della loro auto per poi…
Da qualche anno, soprattutto dopo la pandemia da Covid, assistiamo ad una crescita di casi…
La Corte Costituzionale ha bocciato ben sette punti nevralgici della legge sull’autonomia differenziata tra cui…
Frequentemente si confondono due termini: bravata e reato. In realtà si tratta di due situazioni ben…
Continuano le prese di posizione sulle parole pronunciate dal ministro Valditara in occasione della inaugurazione…