Succede a Lodi dove l’amministrazione, a guida leghista, ha introdotto una clausola che vale solo per i residenti extracomunitari: devono presentare, all’atto della richiesta dei servizi sociali più comuni a partire dalla mensa scolastica ai trasporti, una certificazione che attesti che loro abbiano (o non abbiano) redditi, beni immobili o beni mobili registrati nel loro Paese d’origine. Se non producono quanto richiesto, devono pagare la retta più alta, quella che pagano le famiglie benestanti.
In altre parole, secondo gli amministratori di Lodi, gli stranieri rubano pure il welfare agli italiani e quindi case popolari, asili nido pubblici, le agevolazioni tariffarie, dai trasporti alla mensa scolastica alla sanità.
E partendo da questo principio è scattata “l’onere della prova”, la dimostrazione cioè che sono poveri. Se non possono farlo – magari perché il loro Paese d’origine non ha un catasto informatizzato delle proprietà immobiliari, tipo il Senegal o l’Ecuador – vuol dire che sono ricchi sfondati.
A oggi –riporta Linkiesta– solo 4 famiglie su 94, sono riuscite a produrre quei documenti. Tutte le altre, no. Automaticamente, quindi, pagheranno la retta più alta lasciando ai figli degli italiani i posti sullo scuolabus, e ai loro genitori le tariffe migliori.
Il rischio ora sarebbe quello che tale norma possa passare anche in tutti gli altri comuni a guida leghista, cosicché la discriminazione si trasformi in segregazione e quindi ghettizzazione, marginalità, devianza, soprattutto se a discriminare si parte dalla scuola e dai bambini.
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