In questo modo, la Prima sezione civile ha bocciato il ricorso di un padre siciliano che si era opposto al mantenimento del figlio con 450 euro al mese impostogli dal giudice d’appello sulla base del fatto che il ragazzo, anche se ventottenne, era ancora studente universitario e non era stata dimostrata la “colpevole inerzia” del ragazzo nel raggiungimento dell’indipendenza economica. In primo grado, il Tribunale di Palermo aveva liberato il padre – il cui matrimonio era stato annullato – da ogni obbligo di mantenimento del figlio perchè nonostante i 28 anni compiuti non si era ancora laureato e, dunque – a detta del giudice – era “colpevole di non avere ancora raggiunto l’indipendenza economica”. Verdetto e principio ribaltati in appello dal giudice di Palermo che, il 7 maggio 2009, ha condannato il padre a mantenere il figlio con 450 euro, non potendosi ritenere che il padre “non avesse dimostrato la colpevole inerzia del figlio nel raggiungere l’indipendenza economica, non potendosi affermare tale colpa in relazione a tempi astratti desunti dalla media della durata degli studi per conseguire la laurea”. Contro questa decisione, il padre ha fatto ricorso in Cassazione, sostenendo, tra l’altro, che il ragazzo aveva impiegato sei anni anzichè tre per conseguire un titolo di studio e che aveva rifiutato occasioni di lavoro. La Suprema Corte ha respinto il ricorso dell’uomo e ha ricordato che “il mero raggiungimento del titolo di studio universitario non dimostra il raggiungimento dell’indipendenza economica”. Quanto alla presunta colpevolezza del ragazzo, la Cassazione ha sottolineato che è “sfornita di prove l’affermazione che al giovane erano state offerte occasioni di lavoro rifiutato mentre” nei giudici d’appello – e la Cassazione sottoscrive – si è “rafforzato il convincimento del mancato raggiungimento dell’indipendenza economica del figlio per causa non imputabile a colpevole inerzia”. Da qui il rigetto del ricorso del padre condannato anche a sborsare 2.200 euro di spese di giudizio (AdnKronos)