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Banca d’Italia: ogni anno d’istruzione in più frutta un +5% sul futuro stipendio

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Ogni anno di istruzione aggiuntivo corrisponde a una crescita del Pil pro capite del 5%”. A sottolinearlo, citando una delle conclusioni cui negli ultimi tempi è giunta l’Oecd, acronimo dell’Organisation for economic cooperation and development, è stato il 9 giugno Salvatore Rossi, direttore centrale per la ricerca economica e le relazioni internazionali della Banca d’Italia: “si tratta di una correlazione – ha spiegato Rossi nel corso della premiazione di 29 studenti e ricercatori, attraverso altrettante borse di studio e premi, dalla UniCredit & Universities Knight of Labor Ugo Foscolo Foundation – non così evidente in Italia, dove infatti ci sono pochi incentivi a migliorare la propria educazione perché non ci sono garanzie che l’investimento si traduca poi in salari più alti”.
L’incremento economico in busta paga, quindi, non appare garantito. Ma quando il giovane riesce a conseguire un titolo di scuola media superiore oppure, ancora meglio, si iscrive all’Università portandola a termine, nel 99% dei casi non potrà che beneficiarne: basti pensare che in base a recentissimi dati prodotti dall’Isfol, tra un laureato ed un diplomato il divario fino a 44 anni non supera i 300 euro, mentre tra i 55 ed i 64 anni di età sfiora i 500. Inoltre, in media un diplomato percepisce 1.524 euro, mentre un laureato 2.066. A lungo andare, quindi, nove volte su dieci l’investimento in formazione e cultura porta i suoi frutti.
Alla manifestazione c’era anche Dieter Rampl, presidente del gruppo, il quale ha parlato dell’importanza di creare studi e iniziative nelle discipline bancarie, economiche e giuridiche. Ben presto il dibattito è scivolato sull’importanza dell’educazione come sostegno alla crescita economica. Unanime è stato il giudizio sulla necessità di ampliare i finanziamenti a scuola e università. Ma la realtà, soprattutto con l’insidiarsi dell’ultimo Governo, è ben’altra: se la media europea di spesa per l’istruzione in rapporto alla spesa pubblica è dell’11%, in Italia si spende una cifra che non supera il 9,7%.