I lettori ci scrivono

Tra i banchi di scuola per una Georgica dell’anima

Per comprendere l’uomo, bisogna partire dal linguaggio, soleva dire Heidegger: spesso la rimodulazione sociale inizia proprio da lì, dall’intimo delle parole! Questione di gusto, e de gustibus disputandum non est, in senso allocutivo contrario, però! Il futuro ha radici così profonde, infatti, da non trascurare la nostalgia delle buone memorie. Entrando in medias res, si è compagni di banco, come prima carta d’identità sociale, fuori dal nucleo embrionale di casa propria. Gli ideali della solidarietà e dell’appartenenza, così come l’aspirazione all’uguaglianza stanno dietro a questo primissimo significante, carico di contenuto ideale in un menu di cittadinanza: cum panis, eucaristia di vita in una società in miniatura, qual è, appunto, ogni setting educativo, e per tutte le Istituzioni di apprendimento. Si è fuori classe, quando si condivide il più possibile il pan quotidiano per il ben-esserci di tutti: la vita è, e mai farne una infarinatura, il coronamento dello studio, non una scollatura. Lo iato, di fatto, potrebbe risultarne un albero rovesciato, una metafora ctonia degna di un passo dantesco. Fortunatamente, il tesoro dell’antico si fa Grillo parlante di generazione in generazione, silenziando i grilletti di una politica che spira tra gli spari a salve dell’insufficienza:
Cultura autem animi philosophia est; haec extrahit vitia radicitus et praeparat animos ad satus accipiendos eaque mandat eis et, ut ita dicam, serit, quae adulta fructus uberrimos ferant (Cic. Tusc. Disp. , II,13)
Trad.: La coltivazione dell’anima è la filosofia; essa estirpa i vizi fin dalle radici e prepara le anime ad accogliere le sementi e le affida loro, per così dire, semi tali che, una volta sviluppati, danno frutti rigogliosissimi.
Stando alle parole del David Copperfied della parole del mondo romano, Cicerone, appunto, il termine cultura è equivalente a quello di filosofia, almeno nel suo aspetto soggettivo; ma non è da trascurare l’implicito riferimento al dato obiettivo dei valori, cioè dei fini, che sono basi nomiche della vita umana e circa i quali verte la speculazione morale. Il termine etimologico che la giustifica, poi, è il latino colĕre, i cui traducenti sono abitare, coltivare, ornare, venerare, esercitare: la Cultura è Dimora di senso, Coltivazione dell’animo, Liturgia civica, Est-etica di merito, Esercizio di spendibilità per l’altro. E’ sapienza di saperi e sapori (dal lat. sapĕre, avere gusto), a cui nessun cittadino può sottrarsi per inappetenza. Ogni studente disappetente, e va sempre scongiurato, è un tassello mancante per il puzzle del domani: una porta sbattuta in faccia alle più belle intuizioni di pensiero, che si sono succedute nel tempo, come quella di Cartesio, con il suo Cogito, ergo sum, lievitato nella sua bocca, mentre era seduto dietro al bancone del suo fornaio di fiducia: pane e pensiero di libertà. Ideali, Lògos, nel darsi (e dando) panem cotidianum, oggi e per sempre, per tutti!. Amen.

Francesco Polopoli

I lettori ci scrivono

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