Bankitalia: più abbandoni se la famiglia è svantaggiata e i prof precari
Lo status economico e culturale della famiglia di appartenenza e la mancata stabilizzazione in cui versa circa il 20 per cento il personale docente della scuola incidono negativamente sulla frequenza scolastica, soprattutto nel passaggio dalla scuola media alle superiori.
Ad affermarlo è un ricercatore della Banca d’Italia, Sauro Mocetti, autore dello studio “La selezione scolastica e le scelte dei giovani tra la fine della scuola media e l’inizio della secondaria superiore”. Per il ricercatore l’abbandono della scuola è anche inequivocabilmente favorito dalle le infrastrutture scolastiche inadeguate e la bassa diffusione del tempo prolungato nella scuola media. Quest’ultimo fattore, in particolare, sarebbe “particolarmente importante per i figli di genitori meno scolarizzati”. Nelle ricerca, che si basa su indagini Istat e dati sull’offerta scolastica locale, si ricorda che “già a 15 anni l’8% dei giovani è in ritardo rispetto al regolare corso degli studi e oltre il 4% è fuori dal sistema scolastico, con valori significativamente più elevati nel Mezzogiorno”.
Ciò perché probabilmente in presenza di una scuola sufficientemente qualificata, lo status economico e culturale della famiglia diventa senza dubbio la discriminante principale: per un quindicenne, “la probabilità di essere in ritardo rispetto al regolare corso degli studi è fortemente correlata con lo status socioeconomico del padre e con il capitale culturale presente in famiglia, misurato dal livello di scolarità dei genitori: i figli di genitori con la sola licenza media ripetono l’anno con una probabilità 10 volte superiore a quella dei figli di genitori laureati”.
Gli alunni che hanno conseguito già delle bocciature sarebbero quelli più a rischio. Per loro lasciare la scuola è molto più probabile rispetto agli altri: “la variabile più importante nello spiegare il successivo abbandono scolastico – dice il rapporto finale della Banca d’Italia – è il ritardo accumulato nella scuola media, soprattutto per i figli dei genitori meno scolarizzati”. La famiglia condizionerebbe non poco anche il tipo di scuola medio-superiore da intraprendere: “i figli di operai e lavoratori indipendenti mostrano una maggiore propensione a scegliere istituti tecnici e professionali, così come coloro che hanno accumulato un ritardo nella scuola media”. In conclusione, secondo Bankitalia “i risultati della ricerca evidenziano la difficoltà del sistema scolastico a offrire ai giovani, soprattutto a quelli provenienti da famiglie più svantaggiate, adeguate risorse e opportunità formative col risultato di rinforzare, a partire dalla scuola dell’obbligo, i meccanismi di stratificazione sociale”.
Durante la scora estate sempre Bankitalia aveva rilevato attraverso un altro studio che in Campania, Sicilia e Puglia la percentuale dei ragazzi che hanno lasciato la scuola prima del termine dell’obbligo formativo di 16 anni è stato del 25%, contro una media nazionale del 20% e Ue del 15%.
La maggior parte, come rilevato da Mocetti, lasciano i banchi però con l’arrivo alle superiori: nelle scuole secondarie di primo grado il dato sugli abbandoni complessivi, nei tre anni di corso, è decisamente modesto: si tratta dello 0,5%, equivalente a circa 8.500 studenti, di cui 3.000 iscritti al primo anno di corso. In prevalenza sono alunni che si ritirano con atto formale entro i termini di legge (5.069 pari allo 0,3% degli iscritti), mentre 3.480 sono quelli che si allontanano dalla scuola senza dare motivazione (0,2% degli iscritti). Insomma, il crocevia che porta a licei, ma soprattutto tecnici e professionali, per molti rimane troppo difficoltoso.