La morte quando arriva non dipende solo dai capricci della sorte, ma soprattutto dagli studi fatti e dalla ricchezza accumulata in vita. Dunque istruzione e benessere allungano la vita, come del resto è stato sempre nella storia dell’uomo, anche se oggi c’è più consapevolezza e più possibilità di conquistare, se non l’una, la ricchezza, almeno l’altra, la cultura, seppure a condizione.
Una recente indagine Istat sulle“Disuguaglianze nella mortalità” ha dimostrato che la scomparsa definitiva non è legata solo all’età, alle malattie e al territorio in cui si vive ma anche al titolo di studio, dal momento che è fortemente correlato con altre misure della posizione sociale, come la condizione occupazionale, la classe sociale, l’adozione di determinati stili di vita e l’opportunità di accesso alle cure.
Insomma, fa presente Vita.it, non siamo affatto uguali, non solo nel corso della vita ma neanche davanti alla morte, come ha dimostrato la mortalità da Covid-19 che ha colpito, dati alla mano, il 14,2 % delle persone con nessun titolo o con licenza elementare, contro il 9,6 dei laureati.
Secondo l’istituto nazionale di statistica, nel 2021 chi ha conseguito al massimo una licenza elementare ha un tasso di mortalità pari a 148,6 per 10mila residenti, maggiore di 1,3 volte rispetto al tasso delle persone con un titolo universitario (108,8 ogni 10mila residenti).
L’indagine Istat, che ha valutato 25 cause di morte, conferma “un gradiente a svantaggio dei meno istruiti per la maggior parte delle cause di morte”.
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