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Basta carta e biro: a Boston una scuola tutta digitale dove si “parla” col notebook

Il notebook al posto di libri, i quaderni sostituiti dalla pen-drive e la biro lasciata casa perché al suo posto ci sono ormai tastiere e mouse. Quella che per i nostri istituti può sembrare una proiezione verso un futuro (più remoto che prossimo), dall’altra parte del mondo rappresenta già una realtà in via di perfezionamento. L’esempio più spinto verso una strumentazione didattica interamente digitale on line arriva come al solito dagli Stati Uniti. Stavolta le cronache arrivano dall’istituto Lilla G. Frederick Pilot Middle School.
Qui il programma didattico, pilota, prevede che ogni mattina gli insegnanti consegnino ai propri studenti un computer portatile: lo strumento per eccellenza con cui si informeranno, studieranno e comunicheranno. Via chat, ovviamente, con programmi di “instant messaging”. Tutti i docenti e studenti posseggono poi un loro blog, a sfondo prettamente didattico, da aggiornare e modificare quando vogliono. Poco prima del suono dell’ultima campanella gli studenti riconsegnano il notebook ai tecnici della scuola per tornarne in possesso il giorno dopo. Ma da casa, con apposite password o la memorie portatili sempre più microscopiche, possono tranquillamente continuare ad operare ciò che hanno avviato a scuola.
Naturalmente anche i compiti sono assegnati e consegnati in formato elettronico: si spediscono direttamente al sito web della scuola e le verifiche si svolgono attraverso l’ausilio di programmi gratuiti di Google come Google Docs, con iMovie di Apple o con software come FASTT Math.
Iniziata due anni fa grazie a dei finanziamenti che superano i 2 milioni di dollari, da qualche mese la digitalizzazione totale dell’istituto ha raggiunto il primo obiettivo: tutti gli studenti delle sezioni “medie” hanno infatti avuto in dotazione computer portatili per studiare.
E quello di Boston ha l’aria di essere un caso tutt’altro che isolato. Stando a quanto sostiene il North American Council for Online Learning, negli Stati Uniti le iscrizioni alle classi virtuali sono ormai più di un milione: una cifra ben 22 volte maggiore del 2000. Ma non basta: secondo le proiezioni del ricercatore Michael Horn, co-autore di “Disrupting Class”, entro il 2013 la metà dei corsi scolastici si seguiranno esclusivamente on line. Certo non è tutto oro quello che luccica: nelle periferie e nei sobborghi continueranno ad esistere gli istituti pubblici con docenti poco qualificati e metodiche più che tradizionali. Ma se la profezia di Horn dovesse avverarsi, tra cinque anni più che di gap e divario tecnologico potremmo parlare di ritardo incolmabile. Tranne qualche rara eccezione, la didattica italiana (in particolare quella medio-superiore), come di altri paesi del vecchio continente, orientata sostanzialmente a strumenti analogico o al massimo a computer fissi dalle basse prestazioni, rischia di rimanere estranea da qualsiasi discorso di seria modernizzazione digitale.
Alessandro Giuliani

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