In questi giorni di mezza estate, sta circolando un appello, diffuso il 2 Agosto da un gruppo di intellettuali, tra cui il professor Massimo Cacciari, Maurizio Pollini e Salvatore Sciarrino: l’ex sindaco di Venezia, già in passato molto duro con chi aveva introdotto riforme, a suo dire, a danno degli studenti, ha realizzato un invito “ad opporsi al pensiero unico ed alla politica del rancore, che soffocano l’orizzonte italiano ed europeo”.
I promotori dell’appello parlano di una precisa “richiesta non di ‘generiche adesioni’”, attraverso un’opera individuale “di risveglio di prassi e iniziative, ciascuno nel proprio campo”.
L’appello per Scuola pubblica
Parallelamente, ritrova linfa un appello specifico per la scuola e l’istruzione pubblica, teso a radere al suolo la Buona Scuola approvata nel 2015 dal governo Renzi: si tratta dell’Appello per la Scuola Pubblica, sottoscritto già da oltre 12mila persone tra cui lo stesso Cacciari e tanti intellettuali o filosofi, i quali avevano già indicato quelle che, a loro modo di vedere, era la strada da percorrere per superare ““il declino culturale e politico di oggi”.
I temi intorno a cui si articolava quel documento – prodotto da Giovanni Carosotti, Rossella Latempa, Renata Puleo, Andrea Cerroni, Gianni Vacchelli, Ivan Cervesato, Lucia R. Capuana, Vittorio Perego e Anna Angelucci – nonché le richieste di moratoria con cui si concludeva, sono state completamente ignorate dal governo precedente.
“Per questo – concludono – riteniamo che sia adesso il caso, anche da parte dei tanti intellettuali che lo hanno firmato (sostenendo la proposta Cacciari, ndr), di rafforzare e riproporre quelle istanze, intervenendo pubblicamente. Alternanza Scuola Lavoro, Inclusione, INVALSI e relativa “certificazione delle competenze”, modifica dell’Esame di Stato: si dichiari una netta discontinuità con le politiche del passato su questi temi, subito”.
Gli intellettuali si dicono preoccupati per la scuola pubblica di oggi, “sfigurata da una delle peggiori controriforme degli ultimi 20 anni, la cosiddetta ‘Buona Scuola’ del governo Renzi”, la cui volontà di cancellazione viene reputata la “grande assente dall’attuale agenda di governo giallo-verde”.
Cosa chiedono gli intellettuali per la scuola
Nell’appello si passa, quindi, a definire i punti per i quali è “urgente segnare l’auspicata discontinuità rispetto a quel paradigma della Formazione del Capitale Umano attualmente dominante e lucidamente perseguito dalle passate politiche liberiste del centro sinistra”.
Ve li proponiamo qui di seguito.
- Alternanza Scuola Lavoro (ASL). Il vergognoso avvio di pratiche di lavoro minorile spacciate per “metodologia didattica” a sostegno dei “compiti reali” al posto della “cultura libresca”. Qualche giorno fa il CSPI (Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione) in un parere autonomo e molto significativo (seduta plenaria 25 luglio 2018) ne sottolineava le criticità e l’arroganza dell’obbligatorietà – 200 ore per i licei e 400 per gli altri istituti superiori;
- Valutazione standardizzata e invasività dell’INVALSI.Mentre sui test si dibatte anche alle latitudini dove sono stati inventati chiedendone l’abolizione, in Italia si scopre che l’INVALSI li ha proposti, in veste sperimentale, anche ai bambini di 4/5 anni per misurarne la “prontezza scolastica”, accompagnando quelli per gli studenti dai 10 anni in avanti con questionari di tipo psicologico (da grande guadagnerai tanti soldi? Sei un bambino sveglio e capace di pensare in fretta?) nutriti di individualismo e del famoso “spirito di impresa”, su cui il MIUR -a firma della ministra Fedeli- ha diffuso un Sillabo specifico;
- Inclusione. La partecipazione di Renata Puleo ai lavori dell’Osservatorio sull’Inclusione del MIUR, rinforza la convinzione che il recente decreto sul tema (DLGS 66/2017), che sostituisce la vecchia normativa sui soggetti diversamente abili, sia uno dei peggiori: burocrazia, protocolli di ogni tipo con enormi giri di carte genitori e insegnanti, confusione tra problemi di handicap e quelli relativi ai diversi stili di apprendimento o addirittura quelli degli studenti non italiani, “promozione” (ancora!) dell’INVALSI ad ente valutatore del grado di ”inclusività” scolastica; il tutto mentre non si garantiscono per il prossimo anno i posti di sostegno.