Cioè il regno della confusione, dove manca un’idea di un governo della complessità, e ognuno dei tanti, di volta in volta, riesce ad imporre una opinione sulle altre, ma senza continuità, senza un filo comune.
Non abbiamo sempre detto che la scuola, come servizio pubblico, non deve temere l’interfaccia con la società anche attraverso i risultati della sua quotidiana fatica?
Così, si va di intenzione in intenzione senza badare ai risultati, mentre cresce lo sconcerto per questa diffusa incompetenza mista ad irresponsabilità, nella quale il primo criterio è “evitare, appunto, la responsabilità”, come se le cose poi da fare, le decisioni da prendere fossero tutte flatus vocis.
A che serve una mega struttura come il ministero dell’istruzione, l’agenzia del lavoro più grande al mondo, dopo il Pentagono, se non riesce ad offrire un governo senza intoppi delle varie complessità?
Una mega struttura che, ovviamente, non può non allevare al proprio interno una miriade di gruppi di lavoro, addirittura con task force convocate ad hoc…
Anch’io ho partecipato a qualche gruppo di lavoro, ovviamente gratuitamente, con qualche difficoltà a farsi coprire almeno il biglietto del treno, partendo da casa ad ore proibitive, per essere al Miur anche prima dei vari funzionari, per poi perdere tempo, tanto nessuno è responsabile di niente. Per finire di parlarsi addosso.
Ha ancora senso questo modello centralistico, lontano dalla prima linea, quindi da qualsiasi etica della responsabilità ?
Ha ancora senso leggere cose ovvie e scontate, come le 102 proposte, su 6 assi, preparate dalla task force coordinata da Vittorio Colao? Mi pare un percorso, da una veloce scorsa della rassegna stampa, di cose che ci ripetiamo un po’ tutti: più green, più digitale, più inclusione, meno burocrazia, giustizia più efficiente. Solite buone intenzioni…
Perché in Italia non mancano le proposte, mancano le scelte.
Cioè il coraggio della responsabilità, indipendentemente dal consenso, il quale non deve essere inteso come un presupposto, ma un risultato delle serietà e autorevolezza.
Invece noi, in eterna campagna elettorale, non riusciamo mai ad andare oltre la rincorsa del consenso fine a se stesso.
Quindi, si va di buone intenzioni in buone intenzioni. Compreso il consumo veloce dei vari leader.
Sapendo, cioè, che non basta vincere le elezioni, conta saper governare, cioè prendersi le proprie responsabilità.