Basta con le lavagne digitali: lo dice la ministra Carrozza

“Dobbiamo cambiare rotta rispetto all’idea della Lim di Stato. È finita l’epoca in cui si acquistano piattaforme di Stato, questo è il punto”. La ministra chiarisce il suo punto di vista, evidenziando tuttavia che la mancanza di fondi non è l’unico problema.
“È più sensato, dal punto di vista strategico ed economico, dotare le scuole di un fondo per comprarsi la lavagna interattiva del modello e della marca che ritengono più adatta, eventualmente”.
Nell’intervista la ministra auspica il ricorso al “fund raising” per incrementare le opportunità di fare innovazione da parte degli istituti scolastici.
“Si mettono in campo azioni di procurement avanzato che coinvolga anche i privati, grandi o piccoli che siano, interessati ad investire nella scuola. L’ecosistema dell’innovazione scolastica che ho in mente non fa solo innovazione di prodotto ma anche di “fund raising””.
E se il problema è liberare risorse, la ministra Carrozza sottolinea che per farlo “si può lavorare per defiscalizzare le donazioni dei privati alle scuole”.
Nel pacchetto “L’istruzione Riparte” sono previsti 15 milioni per il wi-fi nelle scuole: “Ne vorremmo di più, ma sono quelli che avevamo a disposizione. Gradualmente continueremo a cercarne altri provando, anche qui, a far intervenire i privati. Ma il principio che muove è sempre quello di rendere le scuole autonome da questo punto di vista”.
Le azioni di “procurement” avanzato avrebbero dunque l’obiettivo di coinvolgere i privati nella gestione della scuola e su di essa investire, così come abbiamo già letto in un vecchio progetto di legge proposto dall’on. Valentina Aprea e che tante contestazioni ebbe. Un progetto per racimolare (il procurement”) risorse dai privati ma che siano “interessati ad investire nella scuola”.
E per investire, i privati hanno pure logicamente e conseguentemente bisogno di avare in cambio qualcosa: che cosa?
Ecco questo occorre chiarire, perché fino a quando ci si limita a mettere qualche pubblicità sui muri o il logo nelle penne o nella carta, si potrebbe pure accettare, ma su altri versanti sarebbe bene fare chiarezza, anche perché la scuola pubblica deve essere libera e guai ad avere diktat dall’esterno e in modo particolare da chi dispone risorse “condizionanti”.

Pasquale Almirante

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