Spett.le Redazione,
vorrei affidare a questa lettera alcune mie riflessioni sull’attuale situazione della Scuola in Italia.
Sono un’insegnante di scuola secondaria specializzata sul sostegno didattico con una formazione universitaria scientifica. Come molti Colleghi, svolgo in questi giorni la mia attività in presenza per garantire la frequenza agli alunni con certificazione L. 104 e BES/DSA.
Non mi soffermerò, come molti hanno già fatto, sull’opportunità di questa scelta ma sento il forte bisogno di commentare ciò che osservo ogni giorno. Alunni soli nelle aule vuote che fissano un PC portatile piazzato sulla cattedra, ragazzi che perdono quotidianamente i propri punti di riferimento sociali abbandonandosi ad uno smarrimento che non trova un orizzonte nel domani. Tutto è sospeso. Anche la mia presenza che vuole essere loro di conforto e sostegno viene meno nella solitudine che ci circonda, non è più sufficiente. Le loro paure, le domande che essi non riescono a porre a noi adulti al momento non ci interessano, tutto ovviamente in secondo piano rispetto all’emergenza.
Ho da sempre svolto il mio lavoro con dedizione e motivazione ma devo ammettere che, ahimè, ultimamente almeno la motivazione vacilla. Ecco allora che mi domando perché sono un’insegnante e tra le risposte una spicca, forse la più scontata: ho ricevuto una formazione disciplinare e culturale e questa stessa cultura che caratterizza tutti noi mi spinge a non rimanere in silenzio in questo momento. Sono certa, nel profondo della mia coscienza, di non fare cosa inopportuna nel domandarmi se questa chiusura della scuola, così come è stata fatta, sia realmente utile e necessaria.
Il commissariamento della sanità sulla scuola può e deve avere un limite. Non si possono più prendere decisioni in mancanza di dati certi sulla situazione scolastica e sulla sua reale incidenza sulla dinamica nazionale. I decisori politici affermano di agire in base alle evidenze scientifiche ma non sfugge che troppo spesso queste informazioni siano confuse e in contraddizione tra loro. Da qui scaturiscono decisioni maldestre e poco comprensibili.
Eppure, in tanta confusione, non mancano esperti che trattano la materia scolastica con supponenza, un linguaggio aggressivo e inopportuno, che crea categorie inesistenti di soggetti “pro” e “contro” questa e quella decisione. Se viene a mancare un nucleo attorno al quale costruire un rispettoso dibattito pubblico il futuro non sarà roseo, non sarà di rilancio. Ad una manciata di settimane alla conclusione di questo difficile anno scolastico non c’è che incertezza, paura e talvolta minaccia.
No, non rivolgetevi a noi insegnanti come a dei soggetti “ignoranti” e incapaci di comprendere. Noi svolgiamo sì una professione d’aiuto ma anche intellettuale che ha tra i suoi scopi la formazione e la promozione del pensiero critico e divergente che tanto sarà utile alla società di oggi e di domani. Se non noi ora, chi e quando?
SA (Un’insegnante preoccupata)
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